Giustizia

Bari, criminalità minorile in aumento: «Scuola e lavoro per battere i clan»

Fulvio Colucci

Da gennaio 257 giovani in più nei guai con la giustizia. Diomede: «Carcere? meglio recuperarli»

Bari -  In gergo li chiamano i carusi, i ragazzi in dialetto siciliano. Nulla a che vedere con i protagonisti delle novelle pirandelliane, i piccoli lavoratori-schiavi immersi nel buio delle zolfatare, a tal punto ciechi da scoprire la luna, uscendo dalle miniere, con trasognata commozione.

Schiavitù -  Il buio e la schiavitù precipitano i minori e i giovani adulti baresi (limite massimo 25 anni d’età), eletti al rango di carusi dai gruppi che si contendono il primato criminale sul territorio, nel tunnel dell’arruolamento, sempre più capillare, tra le fila dei clan.

Quel vortice, rapido e spietato come un gorgo, sta inghiottendo tanti, troppi; a testimoniarlo i recenti dati del Dipartimento Giustizia minorile e di comunità del ministero della Giustizia. L’ultima analisi statistica, tra gennaio e agosto del 2020, mostra numeri preoccupanti. A Bari, in otto mesi, sono entrati nel cosiddetto «circuito penale», finendo dentro l’orbita del servizio sociale, 257 tra minori e giovani adulti.

Numeri - Si tratta di un numero rilevante da sommare ai 763 già precedentemente in carico. Il dato complessivo (1020) pone Bari al quinto posto tra le città italiane assillate dall’emergenza (dopo Roma, Bologna, Palermo e Catania). «È opportuno ricordare anche - spiega l’educatore e operatore sociale Raffaele Diomede - la proporzione fra i giovani entrati nel “circuito penale” e quelli rinchiusi nell’istituto penale per minorenni “Fornelli”. Su 1020 ragazzi solo 17 sono dietro le sbarre. La cifra conferma come la pena detentiva stia diventando sempre più residuale. Si è capito che rinchiudere i ragazzi non aiuta ad eliminare i rischi che delinquano ancora, che diventino recidivi. Conosco tanti di loro che hanno iniziato la carriera criminale in carcere ed erano minorenni. Avremmo potuto sottrarre molti di loro a quel destino».

Effetto covid - Diomede segnala come i numeri si riferiscano, nel complesso, al distretto che comprende anche la provincia Bat e Foggia. «Ma il dato più alto riguarda ovviamente Bari» aggiunge l’educatore lanciando un allarme: viene così confermata una tendenza; già lo scorso anno, la Direzione investigativa antimafia aveva messo in guardia: sempre più elevato il numero di minorenni ingaggiati dai clan criminali baresi. «La causa ce la spiega la stessa Dia: con l’epidemia di covid e il lockdown - sottolinea Diomede - gli inquirenti hanno registrato un aumento esponenziale della domanda di consumo di droga. Come far fronte alle richieste? Servivano spacciatori veloci, flessibili, pronti a battere il territorio con uno scooter e capaci di usare alla perfezione il social network Telegram per i contatti non intercettabili con i clan e i consumatori, questi ultimi sempre più pressanti nelle richieste. Chi meglio di giovani adolescenti o poco più?

Così l’arruolamento da parte dei gruppi che si garantiscono facilmente manodopera, al netto della possibilità per i ragazzi di far “carriera” nel mondo del crimine. D’altro canto ai minori viene assicurata una vera e propria retribuzione settimanale per questi servizi illeciti resi ai clan. Non solo, in premio ci sono moto e addirittura autovetture per i maggiorenni. I telefonini cambiano continuamente, ogni settimana una nuova scheda per comunicare e sfuggire alle intercettazioni. Perché - si chiede Raffaele Diomede - la strategia della mala sta avendo successo? Perché è tarata sugli infausti tempi del covid, sulle conseguenze economiche dell’epidemia che ha impoverito ulteriormente famiglie già fragili dal punto di vista sociale e dei redditi. Così i ragazzi si sottraggono a una morsa dalla quale è difficile altrimenti fuggire. E troppo spesso questo accade con un doppio effetto. I giovani pensano di affrancarsi dalle spese della famiglia e la famiglia, i genitori, addirittura chiudono un occhio e non fanno domande se vedono il figlio, improvvisamente, tornare a casa con una maglietta firmata e costosa. È la tempesta perfetta».

L’usura -  Una tempesta che coinvolge anche gli adulti. Perché oltre il drammatico arruolamento di questo «esercito di ragazzini», c’è un’altro fenomeno: l’usura. «Da più parti - prosegue Raffaele Diomede - sono stati lanciati numerosi allarmi: i tentacoli criminali si stanno allungando sempre più sulle attività economiche. Anche in questo caso l’epidemia di covid gioca un ruolo decisivo. Quante imprese, quanti negozi hanno vissuto e stanno vivendo momenti di enorme sofferenza dal punto di vista economico? Bene, la mala si è riconvertita. Dalla dimensione artigianale di qualche anno fa è passata a una dimensione imprenditoriale, con un salto favorito dall’epidemia e dalla crisi conseguente alla chiusura generalizzata delle attività per la quarantena nazionale.

La malavita è diventata imprenditrice “finanziando” gli operatori economici in difficoltà. Certo - aggiunge ancora Raffaele Diomede - poi quei soldi si devono restituire. E se non puoi restituirli, con un tasso di interesse insostenibile, devi assumere qualcuno vicino ai clan, così come richiesto per le vie spicce, oppure addirittura far diventare socio occulto della tua azienda o della tua attività qualche rappresentante del gruppo criminale che ormai ti tiene in ostaggio».

Miscela esplosiva - Di fronte a questa miscela esplosiva, Raffaele Diomede, proprio in ragione della sua esperienza, ritiene indispensabile puntare sull’educazione, sulla scuola e sull’inserimento nel mondo del lavoro: «Nei mesi di lockdown è stato vissuto anche un grave scollamento tra società e famiglie in difficoltà, con queste ultime ancor più chiuse nel loro isolamento. Molti ragazzi hanno abbandonato la scuola, gli educatori e gli operatori sociali, lavorando a distanza, non hanno potuto incontrare i ragazzi che vivono le realtà più disagiate».

Appello -  Diomede si rivolge anche alle istituzioni politiche: «Il Consiglio comunale deve nominare al più presto il difensore civico dell’infanzia e dell’adolescenza, il regolamento c’è già. E bisogna intensificare ancor più il dialogo e i rapporti tra istituzioni, in particolare tra la procura della Repubblica e la procura dei Minori. Sempre più spesso purtroppo osserviamo che i reati commessi dai giovani rientrano nella sfera dei reati degli adulti. Ancor più perché gli adolescenti, agli occhi dei clan, crescono in “valore” criminale alzando l’asticella delle loro azioni delittuose. Poi c’è la questione lavoro. Il centro Chiccolino sperimenta un percorso che punta a inserire i giovani nel mondo del lavoro, a dar loro un’occupazione. Il Comune di Bari ha aperto lo sportello “Porta futuro” dove la domanda dei giovani in cerca di occupazione si incontra con l’offerta delle imprese sane. Ma queste ultime devono essere più presenti e pronte ad assumere. Ciò sarebbe possibile attraverso un meccanismo di sgravi fiscali. Dobbiamo lavorare tutti in questa direzione: dalle opportunità educative al lavoro. Le imprese incentivate si muovono. E i ragazzi che tornano nei loro quartieri, nelle loro famiglie troppo spesso fragili, se lo fanno avendo un’occupazione più difficilmente potranno essere preda di quel passato che devono lasciarsi alle spalle». Come il caruso di Pirandello che, uscito dalla miniera di zolfo, trovò la luce della luna a rischiararne il cammino.

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