Lo scudo crociato
La Balena Bianca della discordia: nuova contesa per il simbolo Dc
Il simbolo detenuto dal partito di Sandri, alleato con FI, rivendicato dal partito di Fontana
La Balena bianca è davvero senza pace. Dai fasti dell’Assemblea costituente del giugno 1946 e dalle visioni illuminate tra politica e geopolitica dello statista Aldo Moro, si è finiti nella palude delle indecifrabili guerre a colpi di carte bollate. La Dc non esiste elettoralmente - i voti sono andati altrove ormai da oltre venticinque anni -, ma il suo simbolo continua a far gola.
Lo scudo crociato non ha fatto in tempo a tornare sui manifesti del candidato sindaco del centrodestra a Bari, Pasquale Di Rella, che il blasone dello storico partito della Prima Repubblica è stato offuscato dalle nubi di una nuova diatriba giudiziaria sulla titolarità del simbolo. Nel capoluogo regionale sostiene di esserne detentore Vincenzo De Gregorio, «Segretario Politico (con poteri commissariali)» per Bari e area metropolitana. La sua legittimazione arriva dal segretario nazionale Dc Angelo Sandri, «nell'ottica della riunificazione, come negli intendimenti della costituita Federazione «Democrazia Cristiana» coordinata da Gianfranco Rotondi». Tutto regolare allora? Apriti cielo. Mimmo Loperfido, dirigente nazionale barese di un’altra Balena Bianca, in nome e per contro di Nicola Troisi, «legale rappresentante del Partito Politico Democrazia Cristiana», di Renato Grassi segretario politico e Gianni Fontana presidente nazionale , sostiene che lo storico sodalizio di Piazza del Gesù non sia mai estinto e ha presentato una denuncia querela contro il movimento di Sandri. Quindi De Gregorio non potrebbe appellarsi come dirigente della «vera» Dc, né usarne il simbolo.
Cercando su Facebook compaiono ben undici pagine dedicate alla Democrazia cristiana. Molte di più sono state le filiazioni della casa madre: dal Ccd al Cdu, dall’Udeur all’Udc, passando per la Democrazia Cristiana per le Autonomie, la Rinascita Democristiana, in Puglia ci fu anche la Cdl il cui acronimo fu ideato da Raffaele Fitto. L’ultimo salito sul carro è Domenico Scilipoti, l’ex pittoresco parlamentare forzista, ora presidente dell’Unione Cristiana. Insomma tanti sono i simboli, e tante sono le liti tra i contendenti, inferociti anche per l’uso più o meno abusivo (a sentire le varie campane) della buca delle lettere di Piazza del Gesù
Una sistematizzazione dell’arcipelago dello Scudo crociato l’ha tentata con successo Marco Damilano, con il saggio Democristiani immaginari (edito dalla Vallecchi, quando era guidata dall’irregolare Umberto Croppi). Memorabile la massima di Dario Franceschini riportata dal direttore de L’Espresso: «Nella Dc a trent’anni sei da asilo nido infantile. A quaranta sei un presuntuoso. A cinquanta puoi cominciare a pensare al futuro. A sessanta sei un segnale di rinnovamento».
L’ultima sezione Dc operativa? È stata avvistata nel 2014 a Catignano (Pescara), dove il coraggioso segretario non riusciva a farsi autorizzare il rimborso spese non dovute all’Enel per 448 euro, a causa degli inevitabili dissensi su chi deteneva il codice fiscale del partito (ma quale alla fine?). Massimiliano Cencelli, storica icona Dc e autore della summa metodologica in forma di manuale per le divisioni degli spazi politici, nel 2017 era stato tranchant: «La Dc non tornerà più». Le liti, invece, restano.