Omessa bonifica

Bari, sequestrate aree vicino palazzo ex Inpdap per contaminazione ambientale

Redazione online

Nell’indagine è ipotizzato il reato di omessa bonifica "per il superamento della Csc (Concentrazione di sostanze contaminanti) nelle acque di falda"

I Carabinieri del Noe e i militari della Guardia Costiera di Bari hanno eseguito il decreto di sequestro preventivo di aree ubicate in prossimità di via Oberdan, vicino al palazzo ex Inpdap che inizialmente avrebbe dovuto accogliere gli uffici giudiziari baresi. Alcune delle aree erano già sottoposte a sequestro probatorio.
Le indagini, fatte tramite sondaggi e analisi chimiche, «hanno verificato la sussistenza di una situazione di contaminazione ambientale», evidenzia la Procura di Bari in una nota. Nell’indagine è ipotizzato il reato di omessa bonifica "per il superamento - spiegano gli inquirenti - della Csc (Concentrazione di sostanze contaminanti, ndr) nelle acque di falda, seguente alla mancata bonifica integrale del sito già in parte interessato da opere di recupero ambientale».

«Le indagini hanno dimostrato in modo allarmante l’estesa contaminazione ambientale». Lo scrive il gip del Tribunale di Bari, Giovanni Anglana, nel decreto di sequestro preventivo di alcuni suoli al quartiere Japigia di Bari, in particolare l’area cosiddetta ex Autofficina, non lontana dall’area ex Fibronit, e i terreni limitrofi al palazzo ex Inpdap.
Nell’inchiesta della Procura di Bari in cui si ipotizza l'omessa bonifica risalente almeno al 2017, sono indagate cinque persone. Si tratta di Luigi Albanese, dirigente dei sistemi di azienda delle Ferrovie dello Stato responsabili dell’inquinamento nell’area, Francesco Meleleo, dirigente del settore Ambiente pro tempore della Città Metropolitana di Bari, attuale proprietaria di alcuni dei suoli, Nicola Nitti, amministratore unico della Immoberdan Srl, ex proprietaria di parte delle aree sequestrate, Stefano e Ettore Corà, amministratori delegati pro tempore della «Feltrinelli legami" Spa, proprietaria dei restanti terreni.
Le indagini dei Carabinieri del Noe hanno accertato che alcuni dei suoli incriminati erano già stati in passato oggetto di attività di bonifica che, tuttavia, «non avevano interessato l'intero sito». In particolare le verifiche tecniche e le analisi eseguite dall’Arpa hanno riscontrato l’assenza di amianto ma una «potenziale contaminazione da idrocarburi pesanti» e, soprattutto, che «la falda è contaminata e rappresenta un rischio per l’ambiente circostante in quanto il moto dell’acqua può trasferire gli inquinanti esternamente al sito».

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