Nel rione San Paolo
«Comizio» a Bari con la pistola in mano: arrestato 29enne
Lanave sorpreso mentre impartiva ordini in strada su una piattaforma sopraelevata. Dopo la fuga trovata un’altra arma
BARI - «Al mio segnale, scatenate l’inferno» (nella versione originale del film «Il Gladiatore» Massimo Decimo Meridio comanda ai suoi «At my signal, unleash hell»). Sembrava stesse arringando il suo manipolo di soldati, 15 giovanotti nerboruti, brutti ceffi dall’espressione truce e un po’ invasata, tutti con precedenti penali, tutti picciotti consacrati o «giovani d’onore» («giovane d’onore» non è un vero e proprio grado, ma un titolo che tocca in pratica ai giovani aspiranti camorristi, o ai figli e ai nipoti dei camorristi come buon auspicio affinché in futuro possano diventare uomini d’onore) della famiglia malavitosa dei Telegrafo-Montani, oggi entrati nella grande federazione riunita sotto il blasone degli Strisciuglio. Un capannello di facce da galera, radunate sotto i portici di via Candura, a due passi quella che un tempo è stata casa dei Telegrafo ( il capofamiglia, Nicola Telegrafo, detto «il brigante», boss emergente del San Paolo è morto in carcere per un malore fulminate, all’età di 35 anni nel 2004).
Luca Lanave, 29 anni, fisico tarchiato da boxer (genere «Toro scatenato»), con indosso una tuta in acetato (la divisa della guapperia del San Paolo), era su una piccola piattaforma sopraelevata. Gli occhi di almeno 15 «pretoriani» puntati su di lui. Tutti pendevano dalle sue labbra. Nella mano destra - così come i carabinieri hanno documentato attraverso una serie di fotografie - stringeva una pistola cromata. Come il «Gladiatore», in piedi sul suo pulpito, sembrava incitare gli uomini e dare loro ordini precisi. Almeno questa è stata l’impressione ricavata dai carabinieri delle Compagnie San Paolo e Modugno che, allertati da alcuni passanti, sono arrivati in via Candura mentre il «summit» era ancora in corso. Invece di fare irruzione e disperdere la comitiva, i militari si sono appostati e hanno scattato una serie di fotografie, documentando quello che stava accadendo. Giunti i rinforzi, hanno bloccato e identificato 12 tra i presenti. In quel frangente hanno notato Lanave consegnare l’arma ad uno degli uomini che gli erano più vicini. Questi, insieme a un secondo sodale, entrambi protetti dai partecipanti alla riunione, si è allontanato di corsa. Prima di venire inghiottiti nel dedalo di vie, portici e strade senza uscita, i due fuggitivi hanno abbandonato due pistole, quella cromata, arma clandestina semiautomatica 9x21, vista in mano a Lanave e una seconda, una Beretta, anche questa 9x21, risultata poi rubata a Molfetta. Ma Lanave è stato arrestato.
Tra i precedenti di Luca Lanave c’è anche un arresto, il 24 settembre 2014. Riuniti intorno a un tavolo, all’interno di una specie di stanza -bunker abusiva su un’area condominiale, al primo piano di un palazzo di via Michele Di Giesi, vennero bloccati insieme a Lanave, Arcangelo Telegrafo, 26 anni, figlio cadetto del «Brigante», Francesco Mastrogiacomo, 28 anni, detto «u’grec» («il greco») del San Paolo. Poi Claudio Violante, di 42 anni e Giuseppe Chiedi, di 44, entrambi del Libertà. In quella stanza nella quale era possibile accedere da due ingressi, entrambi protetti blindati, vennero trovati un fucile a pompa e quattro pistole.