L'analisi
Se il mercato «cattivo» produce fiali salvavita
Esaminiamo il caso del Covid 19 e dei relativi vaccini indispensabili per contrastare la sua diffusione
Il mercato non sarà il paradiso terrestre, ma non è neppure l’inferno descritto dai suoi denigratori. Per il mercato, semmai, si potrebbe chiedere in prestito la classica definizione appioppata da Winston Churchill (1874-1965) alla democrazia: «È il peggiore dei sistemi, eccettuati tutti gli altri». Sia chiaro, il mercato non può essere lasciato ai suoi istinti primordiali, perché si trasformerebbe in una giungla selvaggia governata dai più prepotenti, e non dai più bravi. Un mercato senza regole equivarrebbe alla supremazia dell’economia sul diritto, invece questi due pistoni dello sviluppo debbono funzionare all’unisono, in sincronia, senza prevaricazioni reciproche, pena la stessa sopravvivenza delle istituzioni democratiche e della convivenza pacifica tra gli esseri umani.
Ma, senza le informazioni da parte del mercato, che poi è sinonimo di concorrenza, qualunque problema, qualunque emergenza si protrarrebbe nel tempo, perché il mercato è innanzitutto un flusso, rapido e ininterrotto, di informazioni e ricerche, flusso che precede sempre la produzione delle merci e la competizione tra i prodotti.
Esaminiamo il caso del Covid 19 e dei relativi vaccini indispensabili per contrastare la sua diffusione. Difficile trovare in giro un settore industriale più discusso della farmaceutica: eppure contribuiscono ad allungarci la vita.
La reputazione dei colossi di Big Pharma è inferiore a quella di Crudelia Demon. Qualunque cosa facciano i giganti delle medicine, la diffidenza, nei loro confronti, scatta come un tic automatico. L’accusa più veniale, che da cui devono difendersi, è di puntare solo al profitto, come se un barbiere o un ingegnere, un commerciante o impiegato siano disposti a lavorare gratis o, addirittura, sempre in perdita. L’accusa più pesante, invece, li colloca immancabilmente al centro di oscure trame planetarie, degne di una Spectre combattuta da James Bond, tese a seminare morte, orrore e terrore sotto ogni latitudine.
Anche in occasione dell’ultima pandemia, è fiorita una letteratura, complottistica e cospirazionistica, degna delle migliori opere di fantascienza, fantapolitica e fantaeconomia. Salvo dimenticarsi di portare prove concrete e credibili a sostegno di queste tesi, che, secondo i sacerdoti della congiurocrazia andrebbero, invece, accettate e condivise, quasi, per atti di fede.
La verità è che se non fosse scattata la corsa, fra i giganti del farmaco, per scoprire al più presto la cura vaccinale anti-Covid, il bilancio, in vite umane, della strage tuttora in corso avrebbe toccato punte da Apocalisse. Quasi certamente tutta la classe medica e paramedica non si sarebbe salvata dall’olocausto sanitario, esposta com’era, in prima fila, alle incursioni del Covid e ai contagi a oltranza.
Per fortuna non solo la corsa al vaccino è iniziata immediatamente, ma soprattutto la vaccinazione non si è fatta attendere e se non fosse stato per i ritardi delle cattive gestioni avrebbe realizzato altri miracoli. Grazie alla concorrenza tra i big del farmaco i tempi della ricerca scientifica si sono accorciati e, a differenza di quanto accaduto in passato con i sieri anti-epidemia, addirittura in meno di un anno dalla comparsa del virus, è stato possibile somministrare le prime dosi.
Senza il tanto vituperato mercato, senza il tanto vilipeso profitto, oggi probabilmente rivedremmo e rivivremmo in diretta le immagini terrificanti della peste seicentesca raccontata da Alessandro Manzoni (1785-1873) ne «I Promessi Sposi».
È vero. Gli Stati non sono, né devono essere, spettatori passivi sul campo della salute. Con la politica degli incentivi e degli ordinativi gli Stati possono e devono contribuire ad accelerare il progresso scientifico e, nel caso in ispecie, possono finanziare lo studio e la fabbricazione dei vaccini. Ma solo la concorrenza dei saperi tra le aziende anti-virali può garantire il raggiungimento del traguardo vaccinale in tempi brevi, con il conseguente salvataggio di milioni e milioni di vite umane. ll resto è solo acqua fresca, retorica comunicazionale, bla-bla.
E siccome tutto si tiene in un mondo più interconnesso del corpo umano, l’emergenza Coronavirus ha indirettamente contribuito a riabilitare la famigerata finanza, sottoposta da, quasi tre lustri (il via dal 2007), a un bombardamento (anti) reputazionale a tappeto, roba che neanche il diavolo ha mai pensato di subire un giorno.
Finanza significa innanzitutto mercati di capitale. E senza mercati di capitale come avrebbero fatto, prima a nascere, poi a crescere, infine a consolidarsi, le aziende che oggi garantiscono la fabbricazione e la fornitura dei vaccini? Senza i venture capital, senza le altre forme più evolute di finanziamento, dove - sempre le sigle vaccinali anti-Covid - avrebbero trovato le risorse necessarie per fronteggiare il flagello più terribile dell’ultimo secolo?
Piano, dunque, a demonizzare il mercato, la competizione e i suoi protagonisti. Senza questi elementi chissà quando sarebbe arrivato l’invocatissimo vaccino. Ciò non significa che i magnati del farmaco siano entità al di sopra di ogni sospetto e che fra loro non nuotino voracissimi pescecani, smaniosi di arricchirsi sfacciatamente infrangendo le regole. Infatti, vanno processati e sanzionati quando ciò si verifica.
Ma senza una procedura di scoperta di nome concorrenza, oggi ci ritroveremmo tutti a farci, ogni giorno, il segno della croce.