L'EDITORIALE
Debito per fare debito, per fare altro debito?
Il dibattito pare essersi concentrato sulle forme di debito che ci verranno concesse dall’Unione Europea
Il dibattito pare essersi concentrato sulle forme di debito che ci verranno concesse dall’Unione Europea. Il direttore generale Klaus Regling del MES, alias Meccanismo di Stabilità, ha chiarito che non sono previste condizionalità particolari per singoli Stati, come in passato.
Ma si avrà una standardizzazione uguale per tutti i Paesi che vorranno avvalersene. Cade così l’alibi portato avanti dal Movimento 5 Stelle che grida all’Europa “brutta e cattiva” che ci vuole incatenare, quando siamo noi i responsabili maggiori della deriva, avendo basato il nostro modello economico di crescita su debito pubblico e inflazione, cose che con l’ingresso nell’euro non sono più possibili. Meno male.
Viceversa l’attenzione andrebbe posta su come verranno spesi questi denari raccolti sul mercato o prestati a noi dalle istituzioni europee. Se continueremo a spenderli male, il ricorso al debito sarà sempre insufficiente, fino al default, come continua a comportarsi lo Stato argentino, preso a modello (sic!) da Claudio Borghi, consigliere economico (pessimo) di Matteo Salvini.
Abbiamo scritto più volte che la spesa pubblica va riqualificata riducendo le aree di spreco e ruberie, dando maggior peso agli investimenti a scapito della spesa corrente. E’ da tempo immemorabile che si parla di riforma della Pubblica Amministrazione, ma la si rimanda sempre a tempi più favorevoli, che non esistono in natura. L’indimenticato giurista Arturo Carlo Jemolo scriveva che la nostra Repubblica ha i suoi santi protettori in “S. Rinvio, S. Proroga e il loro figlio S. Slittamento”.
“Lo Stato – scriveva nel 1978 il professore di diritto canonico in un saggio che potrebbe essere datato oggi - con l'ampio codazzo di enti pubblici, spende male, sciupa, distribuisce malissimo le somme destinate all'amministrazione: abusi di ogni genere, sperperi, negli alti gradi compensi reali senza alcun rapporto con quelli tabellari...i parlamentari che elevano sempre di più i loro stipendi e pensioni, nei giorni in cui i quotidiani pongono sotto luce tutti i drammi delle quasi irrisorie pensioni della Previdenza Sociale; i gabinetti costituiti con pletora di ministri e sottosegretari, per contentare quante persone possibile; le diatribe interne dei partiti con infinite parole e mai la puntualizzazione di problemi concreti...”.
Secondo la Cgia, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre – il conto annuale della burocrazia che grava sulle imprese cuba 57,2 miliardi: si stima siano presenti nel nostro sistema 160mila norme, di cui 71mila a livello centrale e le rimanenti a livello regionale e locale. In Francia sono 7mila e in Germania 5.500. Fa specie che i maggiori giuristi di questo Paese, che hanno avuto incarichi di ministro e presidente della Corte Costituzionale, spiegano oggi cosa bisognerebbe fare. Ma quando avevano il potere di incidere sull’enorme ginepraio di leggi e regolamenti, cosa hanno fatto di concreto?
Giorgio Bocca, inviato del Giorno negli anni Sessanta, nel suo bellissimo attacco al pezzo su Vigevano scriveva “Soldi per far soldi per far soldi”. Oggi potremmo parafrasare “Debito per far debito per far debito”. A che pro? Così come una banca caratterizzata da sana e prudente gestione raccoglie i depositi dei risparmiatori per finanziare le imprese meritevoli – lavorando quindi congiuntamente su attivo e passivo – così lo Stato non deve spendere a capocchia e impiegare male le risorse. Bensì dovrebbe riformarsi, rivedere i processi, digitalizzare a più non posso. La maggior parte dei Comuni italiani predilige ancora i timbri invece di adottare il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID), la soluzione che permette al cittadino di accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione. Se così non sarà ci troveremo solo con maggior debito. Urge valorizzare l’attivo, l’immenso patrimonio dello Stato, le partecipate, il demanio, l’immenso patrimonio immobiliare.