L'analisi
Il circolo vizioso che frena la Basilicata
La Basilicata deve solo liberare le sue migliori energie professionali e imprenditoriali. Un obiettivo che si raggiunge a una condizione: spezzare il circolo vizioso fra trasformismo e spesa pubblicA
Dizionario di Italiano alla voce trasformismo: «Manovra politica che, in Parlamento o nei consigli locali, aggrega in una maggioranza elementi provenienti da partiti diversi, anche di opposizione. È una spregiudicata attitudine a modificare le proprie opinioni per adattarsi ai cambiamenti di situazione». Se l’Italia non si è mai vaccinata contro il virus del trasformismo, il Sud e in particolare la Basilicata hanno affrontato il contagio con la spensierata voluttà di un adolescente davanti ai primi turbamenti amorosi.
Il trasformismo è un fenomeno antico e complesso, che trae origine dal battesimo dell’Italia (1861). È un fenomeno strettamente legato alla condizione in cui si ritrovò la classe politica liberale all’indomani del progetto unitario portato a termine da Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861). Anziché essere il terminale di un processo di decisione politica che partisse a valle e arrivasse alla vetta della nazione, la classe dirigente post-risorgimentale dovette fare pedagogia politica, cercando di sprigionare dalla cima il collante nazionale. Con grande efficacia il filologo e politico campano Ruggiero Bonghi (1826-1895) definì «piramide rovesciata» il paradosso della formazione di uno spirito unitario avviata dal vertice.
La «piramide rovesciata» provocò presto i primi ruzzoloni, il più eclatante dei quali sarà la ministerializzazione dei collegi meridionali. In soldoni. Se nessun ceto politico poteva governare senza riuscire a mediare tra i vari interessi del Paese, la conseguenza inevitabile era restare fissi al potere, al governo, per trasformare il proprio collegio elettorale nella diramazione periferica del ministero.
l Nord Italia non può scagliare la prima pietra. Il trasformismo ha attecchito pure da loro, anzi colà ha prodotto il dividendo più succoso. Basti pensare all’inizio della subalternità meridionale nei confronti del Settentrione, abbozzata con la complicità dell’apparato politico del Sud - il salernitano Agostino Magliani (1824-1891) era il ministro del Tesoro - e ratificata con l’introduzione delle tariffe doganali nel 1887: l’industria padana prese il volo, l’agricoltura del Sud precipitò perché dovette subire l’altolà alle sue esportazioni, decretato, per ripicca, dalle nazioni europee.
Il trasformismo fu la cornice politica di questo mosaico di interessi tutto proiettato alla conservazione del potere (fine a se stesso). Risultato: al posto di una classe dirigente di valore e di valori si formò - avrebbe detto Antonio Gramsci (1890-1937) - una classe dominante, più famelica di un coccodrillo. Rectius: si radicò una classe sovrastante, attenta a coltivare e arraffare esclusivamente il proprio particulare.
Il male del Mezzogiorno è immutato: la miscela tra trasformismo e classe dominante. Le elezioni, quasi ovunque, costituiscono la cartina di tornasole dell’eterno ieri che divora il sempre precario domani.
Se il trasformismo sta all’Italia come, spesso, la nebbia sta a Milano, il trasformismo sta al Sud e, soprattutto, alla Basilicata come, sempre, il Colosseo sta a Roma. A volte il kamasutra politico in Basilicata tocca livelli che neppure un Tinto Brass della politologia sarebbe capace di sceneggiare e filmare. E quando riesce impossibile conciliare interessi contrapposti si ricorre al cosiddetto «primato della politica», un artifizio verbale, avrebbe detto Aldo Moro (1916-1978), fondato sulla mediazione oliata dal pubblico denaro.
Un esponente politico dà fastidio, fa il grillo parlante, sfugge agli schemi, potrebbe rappresentare un’insidia alla convergenza degli interessi? Lo si può recuperare inventando una società, un ente sub-regionale «ad hoc» per lui. E così le spese (con relative ricadute giudiziarie) volano, non in direzione di asset produttivi, ma verso sinecure in grado di garantire sia la pace interiore e finanziaria del prescelto sia la serenità complessiva del Sistema di spartizione.
Fino a quando la politica rimarrà un mestiere, e non una vocazione-professione di auspicio weberiano, l’Italia e il Sud dovranno vedersela con una classe dominante-sovrastante, anziché con una classe dirigente come si deve, che sappia indicare una prospettiva di sviluppo e sappia disegnare le strade necessarie per giungere alla meta.
Per fortuna la Basilicata è terra di contrasti fisiologici, non solo di trasformismi patologici. Per fortuna la regione che diede i natali al poeta Orazio (65 avanti Cristo - 8 dopo Cristo) non è solo teatro di cambi di casacche e divise più frequenti degli scambi di maglia al termine di una partita di Champions. Per fortuna è un avamposto di modernità, non solo di clientele. Per fortuna la Basilicata è sinonimo di energia, energia petrolifera ed energia ambientale, due concetti in teoria incompatibili, ma nei fatti condannati a marciare insieme.
Oggi si vota in Basilicata. Un test che ha visto questa terra mai così frequentata, come negli ultimi giorni, dai big della politica nazionale. Segno che il risultato delle urne lucane potrebbe dire la sua anche negli assetti della nomenklatura centrale.
Si è discusso e camminato molto, tra Matera e Potenza, nell’ultimo mese, ma più sui temi romani che sui temi locali. Si è parlato più delle beghe di retrobottega che dei piani di rilancio della regione. Eppure la Città dei Sassi offriva un palcoscenico speciale e ideale, quello di capitale europea della cultura.
Chiunque si troverà a governare la Basilicata nei prossimi 5 anni dovrà porsi il problema di come rendere attraente la regione non solo per i turisti, ma soprattutto per i lucani che, sempre più numerosi, specie se giovani, scelgono di togliere il disturbo in cerca di sbocchi più gratificanti non solo sul piano retributivo. Che facciamo, condanniamo alla desertificazione umana una terra dalle potenzialità ancora inespresse e inesplorate? E pensare che la Basilicata deve possedere e conservare un fascino irresistibile se il gruppo industriale (Fiat) più importante dello Stivale ha deciso di realizzare qui il modello di auto più trendy della Casa. E pensare che dai proventi del petrolio si possono promuovere iniziative economiche e sociali a cascata.
Insomma. La Basilicata deve solo liberare le sue migliori energie professionali e imprenditoriali. Un obiettivo che si raggiunge a una condizione: spezzare il circolo vizioso fra trasformismo e spesa pubblica, che soprattutto qui è il carburante più potente per alimentare quel familismo amorale causa-ed-effetto del binomio perverso da cui è partito questo articolo.