L'analisi
Quando a inquinare provvedevano i cavalli
«Tutti, compreso il governo, prestano attenzione e non lesinano applausi ai giovanissimi che manifestano contro l’inquinamento. Ma, poi, il governo si prepara a spalancare le porte alla via della seta cara ai cinesi»
Vivesse oggi, anche il grande Leonardo Sciascia (1921-1989), implacabile demolitore di luoghi comuni, si arrenderebbe di fronte alla confusione imperante, e forse esclamerebbe: «Non si capisce!». «Non si capisce», amava ripetere, con profonda onestà intellettuale, lo scrittore siciliano tutte le volte che non riusciva a spiegarsi fatti e fenomeni più complicati di un rebus in lingue diverse. Prendiamo la Francia, terra assai cara a Sciascia per il lascito dell’illuminismo. Da un lato il presidente Emmanuel Macron cerca di placare i gilet gialli che protestano contro il caro-carburante e le restrizioni alla circolazione stradale, dall’altro lato - sempre Macron- intende accontentare i baby-ambientalisti che invocano misure draconiane a difesa della natura.
Qualcosa di simile accade in Italia. Tutti, compreso il governo, prestano attenzione e non lesinano applausi ai giovanissimi che manifestano contro l’inquinamento. Ma, poi, il governo si prepara a spalancare le porte alla via della seta cara ai cinesi, che tutto potrebbero essere tranne che testimonial di una campagna in difesa dell’aria pura. Le opposizioni a Conte, anch’esse accomodanti nei confronti dell’eco-manifesto della 16enne svedese Greta e dei suoi coetanei in mezzo mondo, tifano per la realizzazione del Tav in Piemonte, un’opera che l’eco-protesta giovanile considererebbe più blasfema di una bestemmia davanti all’altare.
La corsa al consenso si è fatta così spasmodica che ci si contraddice nello stesso giorno, nel giro di un’ora. Tanto, nessuno ci fa caso. La Rete è un tritacarne irresistibile, che macina qualsiasi ragionamento e stritola qualsiasi verità scientifica. Anche le contraddizioni più palesi e sfacciate riescono a non destare sospetti nel tribunale dell’opinione pubblica, indaffarato quasi sempre ad elaborare tweet usa e getta.
Logico che non si comprenda e non si capisca più nulla. Il governo si fa in due e soprattutto fa il controcanto a se stesso. L’opposizione (teorica) anch’essa si fa in due, ma non vede l’ora di affiancarsi a uno dei due soci di Palazzo Chigi.
L’era dei partiti aprogrammatici (tutto è commestibile se serve a ingoiare il potere) e dei partiti piedistallo (tutto è digeribile se serve alla progressione, cioè alla carriera, del capo) ha portato la politica, o meglio la strategia di lotta e di governo, a livelli inimmaginabili solo pochi anni addietro.
Un tempo i partiti ambivano a sostituire le scuole sia nella formazione/selezione della classe dirigente del Paese sia nell’azione pedagogica a beneficio dell’elettorato. Oggi l’unica bussola dei partiti sono i sondaggi, i presunti orientamenti della popolazione, le indicazioni della Rete.
Ma la politica, compresa la classe dirigente, dovrebbe indirizzare ed educare, non certo limitarsi a intercettare le tendenze delle minoranze rumorose. E soprattutto dovrebbe sottoscrivere con la scienza un patto di mutuo soccorso per contrastare superstizioni e bufale varie, utili solo a mettere in moto la macchina della paura e del consenso. Infine, la politica dovrebbe guardarsi dalla tentazione fatale di semplificare i problemi che, di solito, sono più inestricabili di una foresta africana. «La semplificazione - ammoniva Aldo Moro (1916-1978) - può sembrare un contributo alla chiarezza, ma in definitiva nasconde un impoverimento della verità».
Esaminiamo il caso dell’ecosistema urbano. Nel 1898 la Conferenza mondiale sull’urbanistica, convocata a New York, ammise la propria impotenza di fronte all’inquinamento cittadino provocato dal letame dei cavalli e dalle carcasse degli animali. Le carrozze, per giunta, provocavano un incidente stradale dopo l’altro, con centinaia di morti e feriti ogni anno. Nel giro di pochi lustri, oracolarono sconsolati gli esperti, New York e Londra sarebbero state sepolte da una montagna di sterco, con tutte le (nefaste) conseguenze igienico-sanitarie del caso.
L’emergenza venne risolta grazie all’avvento dell’auto che prepensionò le carrozze e i relativi quadrupedi da traino. Improvvisamente le città smisero di puzzare come mandrie di capre e, soprattutto, si ritrovarono a disporre di strade più sicure, oltre che meno insozzate dal letame e dal suo malefico gas serra. Successivamente l’utilizzo dell’automobile provocherà tutti i problemi (traffico e smog) che sappiamo, ma di sicuro poco più di un secolo fa le «quattro ruote» rappresentarono una soluzione ecologica alle tragedie umane e ambientali cagionate dalle carrozze e dai cavalli.
Dovrebbero essere la scienza e la tecnologia le principali fonti di sostegno della classe politica nella produzione legislativa e nell’alfabetizzazione della gente comune. Invece, si preferisce la strada opposta: seguire il senso comune (non il buon senso) nell’opera di confutazione (e mediatizzazione) della scienza e della tecnologia.
Risultato. S’impoverisce la verità (per dirla con Moro) senza nemmeno fare un po’ di chiarezza. Tanto è vero che, nello stesso istante, si sta con la Cina e con chi contesta la Cina, si sta con chi esalta il Tap e con chi esecra il Tap. Ma a furia di governare e di controgovernare nello stesso tempo, chissà dove andremo a finire.