Patologia della ricchezza, una pizza a 2mila euro

STEFANO TATULLO

Una volta, ad alcuni forestieri in visita ai Sassi di Matera, un ragazzino che faceva da guida, alla domanda dei turisti che chiedevano perché i mattoni del pavimento di un basso fossero messi stranamente a spina di pesce, spiegò che serviva a far vedere che i proprietari di quel basso erano ricchi, perché mica tutti si potevano permettere i mattoni a spina di pesce, che costavano di più, e così si capiva che loro non erano come gli altri. La spiegazione suscita il sorriso. Che anche nei poveri Sassi di Matera (di quanto tempo fa?) ci fosse la gara a esibire la ricchezza, insomma... Ma non si può negare che la risposta del ragazzino metta il dito su una conseguenza, della ricchezza.

Cerchiamo di spiegarci. Innanzitutto, bando alla piccola ipocrisia pelosa e ammettiamo subito che la ricchezza sarà anche bella ma morta, come dice Leonardo Sciascia nel suo ‘Candido’, ma è anche morta ma bella, come riconosce lo scrittore nello stesso rigo. Dipende dal tipo di persona che uno è. E a occhio si ha l’impressione che il primo gruppo (bella ma morta) sia un club molto ristretto. Tutti gli altri li vorremmo e come, i fantasiliardi di Paperon de’ Paperoni, o almeno i miliardi di Jeff Bezos, il patron di Amazon. Al limite, ecco, anche i soldi (ma quanti ce ne avrà veramente?) di quello che sta qui vicino che vende apparecchiature mediche, così dice, ma non si sa che apparecchiature sono e intanto si è fatto la villa con la piscina, va sempre all’ultima moda, e anche al figlio che c’ha tre anni gli ha comprato la macchinina col motore.

Va bene, questo per dire che qui nessuno vuole fare il santarellino; perché bisogna avere il coraggio di riconoscere che i ricchi non sono persone come me e come voi, come disse una volta Scott Fitzgerald, lo scrittore del ‘Grande Gatsby’. E non è vero che sì, hanno più soldi, come rispose Ernest Hemingway, l’autore di ‘Addio alle armi’, che si credeva spiritoso, perché a quel tempo lui si puzzava di fame, come dicono a Napoli, e quindi il sospetto che parlasse per invidia è mooolto più che un sospetto. Un ricco - un ricco vero, eh, non come quello di ‘apparecchiature mediche’, che sappiamo noi che vuol dire - un ricco vero lo riconosci dallo stile, perché fa quelle cose che a noi piacerebbe fare ma un destino ingiusto e cornuto ci tiene legati a questo stipendio così disgraziato.

Ma comunque, un ricco ha stile, ha allure, come si dice in inglese, e anche in francese. E nella capitale del mondo, che è New York, lì si vede che la ricchezza è proprio un lifestyle, avete presente? Soprattutto nel food, che vuol dire il mangiare, perché dimmi come mangi e ti dirò chi sei, come diceva coso, come si chiama...? Allora, per esempio, uno si trova a Manhattan e per il lunch, che vuol dire il pranzo, non vuole andare nel solito ristorante tre stelle Michelin, perché una persona poi si stanca anche di questi posti, eh. Oggi, per cambiare, ha voglia di un sandwhich, che vuol dire un panino, ma non i tramezzini di pan di spugna con la fettina di salame, come si fa da noi; no, un panino vero. Ora, di posti che fanno sandwhich a New York ce n’è quanti se ne vuole, ma un vero ricco, che ha un lifestylee perciò è anche un foodie (vuol dire buongustaio) non può andare nella prima paninoteca che incontra, dove magari trova gente qualunque che per cinque, dieci dollari si toglie la fame. Lui invece vuole un wagyubeefsandwhich, con 150 grammi di manzo A5 Ozaki Wagyu impanato nel panko (come, che cos’è! Il pangrattato giapponese, no?) passato in friggitrice e poi lasciato a riposare per riassorbire i succhi che si sa che durante la cottura un po’ si disperdono. E a New York c’è un solo posto che fa solo wagyubeefsandwhich, Don Wagyu. Il prezzo? Ah, sì, 180 dollari; e naturalmente solo pochi happy few (pochi felici) se lo possono permettere.

Se dopo ha voglia di un gelato, c’è una coppa con vaniglia Tahiti e scaglie d’oro 24 carati che costa 1.000 dollari, e naturalmente quelli che se la possono permettere sono ancora meno. Ma se uno vuole proprio mettere un abisso fra sé e gli altri, la sera va da a farsi una pizza con caviale, tartufo nero, fiocchi d’oro commestibile: 2.000 dollari e qui a poterselo permettere sono proprio quattro gatti, di numero. Insomma, una cosa veramente esclusiva. Perché, diciamo la verità, se la ricchezza non serve a distinguersi, a che serve?
Ecco; ma intanto che l’invidia tocca livelli stellari, chissà perché un pensiero sorge curioso: ma sapendo che a Napoli una ‘Margherita’, cioè la vera pizza, costa 6 - 7 euro, uno che a New York la paga 2.000 dollari, con quelle cose sopra, non sentirà sbattere furiosamente sulla testa l’ala della stupidità?

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