Dopo oltre un anno dal verdetto

Caso Scazzi, Sabrina presto libera Il giudice non ha scritto la sentenza

Mimmo Mazza

Condannata all'ergastolo, sarà scarcerata il 15 ottobre: per quella data impossibile l'udienza in Cassazione. La legge prevede 6 anni di carcerazione preventiva

II padre di tutti i processi sembra ancora una volta destinato a fare scuola, riscrivendo i codici di procedura penale dopo aver già – a suo tempo - fatto rivedere i palinsesti delle principali emittenti televisive nazionali, i timoni dei quotidiani della borghesia milanese e romana e i manuali di giornalismo.
Il prossimo 15 ottobre Sabrina Misseri lascerà il carcere di Taranto. Non perché dichiarata innocente dopo aver rimediato l'ergastolo in primo e secondo grado per aver - in concorso con la madre Cosima Serrano - sequestrato e ucciso la cugina Sarah Scazzi, 15enne di Avetrana. Ma per scadenza dei termini di custodia cautelare che al netto di proroghe e sospensioni, secondo l’articolo 303 del codice di procedura penale, non può durare più di sei anni.
Sabrina Misseri fu arrestata il 15 ottobre del 2010, dopo che il padre Michele l’accusò dell’omicidio della ragazzina, dunque il 15 ottobre del 2016, in assenza di sentenza definitiva, dovrà lasciare la casa circondariale di Taranto, aspettando a piede libero l’ultimo atto in Cassazione.
Un epilogo inaspettato ma dovuto al ritardo - grave - accumulato dalla corte d’assise d’appello di Taranto nel depositare le motivazioni del dispositivo con il quale il 27 luglio del 2015 fu sostanzialmente confermato il verdetto di primo grado. Gli impegni del giudice relatore Susanna De Felice (presidente della corte era invece Patrizia Sinisi, di recente nominata presidente della corte d’appello di Potenza) nella commissione d’esami per il concorso in magistratura hanno portato, proroga dopo proroga, alla attuale situazione di stallo, oggetto di attenzione da parte del ministero della Giustizia. Non si sa quando le motivazioni saranno depositate, ormai è però certo che sarà tecnicamente impossibile far svolgere l’udienza in Cassazione prima del 15 ottobre 2016, giorno di decorrenza dei termini di custodia cautelare per Sabrina Misseri (per la madre Cosima invece scadono il 26 maggio del 2017, a sei anni dal suo arresto avvenuto il 26 maggio del 2011).
Lungaggini e ritardi che non solo fanno storcere il naso a quanti sognano una giustizia giusta e celere ma che rischiano di minare anche la certezza di vivere in uno stato di diritto. Il termine di sei anni per la custodia cautelare rappresenta infatti un termine che il legislatore definisce non a caso massimo perché per la costituzione fino a sentenza definitiva, c’è la presunzione di non colpevolezza, che vale anche per Sabrina Misseri, condannata senza appello dal tribunale del popolo ma ancora in custodia cautelare per quello ufficiale.
Sabrina Misseri, e sua madre Cosima, stanno scontando un anticipo di pena, perché poi gli anni passati in custodia cautelare saranno detratti dall’eventuale condanna definitiva, senza però essere sottoposti ad un programma di rieducazione e recupero, senza godere di quegli interventi e quelle attenzioni ispirate dall’articolo 27 della Costituzione secondo il quale la pena deve tendere alla rieducazione del reo. A sei anni dall’omicidio di Avetrana, non c’è nessun reo conclamato o confesso (a parte i vaneggiamenti di zio Michele) e nessuna pena definitiva, dunque non c’è nemmeno alcun intervento rieducativo.
Non è la prima volta, e temiamo non sarà l’ultima, che alla lettura del dispositivo in aula non segue per mesi e anche per anni il deposito della sentenza. È successo, per non spostarsi da Taranto, per il rovinoso rogo che il 25 giugno 2001 distrusse la pineta di Lido Silvana, una delle località balneari tarantine più belle: la sentenza della corte d’appello di Potenza (competente perché tra le parti civili c’era un magistrato in servizio a Taranto) risale all’aprile del 2012, da allora si aspettano le motivazioni. Ma quando come nel caso Scazzi c’è in ballo la vita delle persone, detenute per anni senza sentenza definitiva, non si può passare oltre. Chi può, deve rimediare. Senza attendere interventi dall’esterno.

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