L'intervista
Fabri Fibra torna in concerto in Puglia: «Oggi il mondo è troppo egoriferito, impariamo a guardare quello che accade intorno a noi»
È il messaggio del nuovo album, «Mentre Los Angeles brucia», già disco d'oro: «Oggi tutti hanno a che fare con il rap, anche se c'è chi non lo accetta». Domani 3 agosto il concerto a Vieste, il 18 a Barletta nella stessa sera di Rose Villain
«Un giorno, mentre stavo lavorando al disco, accendo la tv e vengo investito dalle notizie che arrivano da Los Angeles. Il telegiornale dice: "Mentre Los Angeles Brucia è morto David Lynch". Mi sono reso conto di quanto le nostre vite siano ciniche ed egoriferite al punto che anche mentre una città brucia, un paese viene bombardato o si combatte una guerra in un posto lontano, noi continuiamo ad andare avanti con la nostra routine». Così Fabri Fibra spiega il titolo dell'ultimo album, «Mentre Los Angeles brucia», uscito lo scorso giugno per Epic Records e già disco d'oro. Undicesimo album in carriera, l'uscita ha segnato anche il ritorno del rapper sui palchi di tutta Italia, per il Festival Tour 2025. Due le date previste in Puglia, domenica 3 agosto a Vieste, per il Vieste Summer Fest (ore 21.30), e lunedì 18 agosto nel Fossato del Castello di Barletta, all'interno del cartellone dell'Oversound Music Festival (ore 21, nella stessa serata si esibirà anche Rose Villain).
«Ho iniziato a lavorare a questo disco due anni fa a Santa Monica - racconta Fibra - insieme al producer Chef P, abbiamo iniziato ad ascoltare alcune basi e a mettere insieme il primo scheletro del nuovo lavoro. Dovevo tornare in Italia, ma una tempesta si era abbattuta sulla città e rimasi bloccato per giorni. Poi mi sono chiuso in studio cercando, tra i tanti brani a cui avevo lavorato, di comporre il puzzle perfetto. Ascoltavo e riascoltavo le tracce in continuazione, chiuso nella mia bolla senza guardare cosa stava accadendo fuori dalla porta». In questo puzzle sono rientrati anche tanti ospiti, tra cui Tredici Pietro, con lui in featuring su «Che gusto c'è», tra i brani più streammati di questa stagione, unione di due generazioni diverse che hanno trovato nel rap un linguaggio comune: «Il brano fotografa l’Italia di oggi - continua - un paese dove il rap è in classifica ma non viene capito dal mainstream, e l’invidia sociale porta a sminuire i risultati personali che vengono raggiunti. Sono felice di collaborare con Tredici Pietro, parte della nuova scena ma allo stesso tempo capace di creare melodie interessanti. Ha una voce credibile e una motivazione forte».
È tornato sul palco dopo una lunga pausa dai live: come sta vivendo questo nuovo contatto con il pubblico?
«Un tour è legato in genere alla pubblicazione di un disco, ed è l’occasione per toccare con mano come il pubblico risponde ai nuovi brani, che siano singoli o semplici tracce di un album. Se mi devo basare sulle prime date che abbiamo fatto, posso dire di essere molto soddisfatto. Brani come "Che gusto c’è" e "Stupidi" sono stati accolti davvero molto bene».
Il titolo di questo album suggerisce una riflessione profonda sulle contraddizioni della società contemporanea: quale messaggio le piacerebbe lasciare a chi lo ascolta?
«Così come per i miei dischi precedenti, vorrei che ci si fermasse a riflettere sulle parole, sulle storie che racconto. Come cercavo di spiegare quando è uscito il disco, il titolo riassume una situazione molto comune oggi: mentre il mondo va a rotoli, ognuno di noi affronta il suo incendio personale, in un modo sempre più folle, pieno di scontri, di ideali persi tra clic e mi piace, fazioni da stadio. Dovremmo cercare di non guardare solo nel nostro piccolo mondo ma anche a quello che accade attorno a noi».
Lei è una pietra miliare del rap italiano, e le collaborazioni nell'album uniscono più generazioni: come vede l'evoluzione di questo genere?
«In più di vent’anni è diventato il genere d’eccellenza delle classifiche del nostro Paese. Tutti hanno a che fare con il rap oggi, anche se c’è chi ancora non lo accetta. Sono molto contento di questo risultato e so che c’è ancora tanta strada perché venga compreso come tutti gli altri. Ho un ottimo rapporto con i nuovi artisti, così come con quelli del passato. Quando penso a un featuring non guardo se l’artista è già famoso o meno, ma solo se la sua voce e il suo modo di cantare si sposano con il brano».