L’APPROFONDIMENTO
La forza della poesia per attraversare «La terra desolata»
A San Severo l'happening culturale a cent’anni dal poema di T. S. Eliot. Rondoni: «L’opera ci fa comprendere il nostro presente dilaniato»
«La Poesia è uno strumento di rottura, che ci permette di squarciare il presente in uno scenario visionario alla Thomas Stearns Eliot. La sua Terra Desolata ha un insegnamento che giunge sino a noi, in una società dilaniata da un nuovo Fascismo. E’ una critica all’oggi attraverso la penna luminosa, come era anche quella di Pasolini che, a cent’anni dalla nascita, in sincronia col secolo della Terra Desolata, ci lascia in mano un cerino su cui meditare». Lo scrittore e drammaturgo Davide Rondoni è l’ideatore del Festival delle Culture del Paesaggio «Mosaico di San Severo». La prima edizione si è appena conclusa, attraverso alti momenti di riflessione sul tema del «cambiamento sociale», come l’happening dei poeti che si sono radunati attorno all’opera di Eliot La Terra Desolata, nel suo secolo di vita. L’incontro è stato aperto dall’anima organizzativa del «Mosaico Fest» Enrico Fraccacreta, cantore del paesaggio del Tavoliere, la cui ultima opera I Cigni Neri (Passigli, 2021) cristallizza meravigliosamente un territorio fatto di ombre e luci.
Il 25 marzo di quest’anno è uscita la riedizione della traduzione di Elio Chinol dell’opera La Terra Desolata, attraverso la pubblicazione per InternoPoesia curata da Rossella Pretto, la nipote dello stesso Chinol. Un insegnamento letterario per la vicentina Pretto, cresciuta in un ambiente «in cui la poesia veniva decantata» sottolinea la giornalista de «La Repubblica Green&Blue» Cristina Nadotti, moderatrice dell’incontro poetico, che introduce l’autrice di Nerotonia (Samuele Editore 2020). E’ il titolo del suo poemetto attraverso il quale, dice la scrittrice, «attingo acqua (e melma) da uno dei capolavori più bui del mio grande e amato Shakespeare: Macbeth». Un’opera altrettanto dark è La Terra Desolata che, secondo Pretto, «pulsa di quella poesia che è un viaggio di scoperta, che ci permette di attraversare il deserto urbano descritto dallo scrittore anglofono. L’autore dimostra come la poesia scava nelle viscere dell'umanità e con i suoi frammenti si può puntellare l’esistenza».
La poesia sa cristallizzare la realtà, nonostante il suo linguaggio visionario che in T. S. Eliot ha la sua acutezza. Lo dimostra anche la scrittura di un altro autore intervenuto al «Mosaico Fest», il vicentino Tiziano Broggiato che nel libro del 2015 (edito da Italic) Preparazione alla Pioggia, scandisce la trama umana con le lancette della verità: «Il treno si è fermato in mezzo a campi neri. La sua testa sembra quella di un rettile con gli occhi chiusi. C’è odore di fuochi nell’aria, in quest’aria notturna che cova tragedie. Ci si affaccia, così, per una sorta di ostentata sicurezza. Nessuno è rimasto di guardia ai remi». Sino alla nuova Partenza che allo scrittore presenta il conto da pagare: «Ancora un giro per le stanze con le valigie pronte in entrata... Dovrebbero accompagnarmi immagini di gru e idrovore intente a spianare la strada verso il rifugio segreto. Perché, invece, mi coglie questo affanno, questa afflizione come se si trattasse, ogni volta, dell’ultima?».
Erika Di Felice, architetto abruzzese, è identificata come la «poeta del fare». L’autrice della silloge Sulle labbra del silenzio (Arsenio Edizioni, 2019) paragona La Terra Desolata al cinema di Antonioni, che nella sua tetralogia sulla incomunicabilità, tra il 1960 e il 1964, aderendo al clima di rottura dei codici classici del cinema dell’epoca, penetrò le pieghe insondabili del malessere moderno dell’eclissi sentimentale. E Di Felice cita una battuta cult di Monica Vitti, che nell’atto quarto di Antonioni Il deserto rosso è la moglie di un industriale vittima di nevrosi esistenziali: «Aiutami! Aiutami, ti prego! Io ho paura di non farcela, ho paura. - Non fare così, calmati. Perché hai paura? Di che cosa? - Delle strade, delle fabbriche, dei colori, della gente, di tutto».
La Terra Desolata è per il poeta bolognese Loretto Rafanelli un interruttore con cui riaccendere «l’immensa poesia di Mario Luzi per il cui mancato Nobel ancora non mi capacito» dice l’autore del pluripremiato Il tempo dell'attesa (Jaca Book, 2007). Ma Luzi «ci permette di comprendere il poemetto di Eliot quando, attraverso l’opera Un brindisi (1946), porta il lettore in mezzo alle tormente e ai rumori assordanti della Guerra. Sono anni in cui i versi raccontano il contrasto sociale». Si vuole simboleggiare la fine di un’epoca terribile, ma tutto è ancora avvolto da tinte fosche. Così come Eliot nell’opera successiva Quattro quartetti, alla fine dipinge sulla Londra bombardata un’alba da costruire, «la poesia di Luzi - evidenzia Rafanelli - si fa potere collettivo che ci indica la possibile via della salvezza».
Il tema della desolazione del paesaggio in Eliot «come metafora del vuoto interiore» è sottolineato dalla poetessa foggiana Paola Lucia Carella. La sua scrittura è prestata anche al proprio lavoro di avvocato, professione che ha che fare con l’animo umano. Questo, nella Terra Desolata, è disgregato dalla Prima Guerra Mondiale. Colpito da paralisi è il poeta, vittima e complice della crisi della modernità. Sullo scenario depresso della metropoli (vista anche come capitale dei consumi culturali) si svolge il dramma della sua impotenza. La penna, come suggerisce Carella, «diventa il mezzo con cui provare ad attraversare il deserto sociale». La lirica come catarsi collettiva. Un esempio concreto lo offre Luigi Colagreco che, dal 2019, porta avanti nella sua Chieti il «Centro di poesia e altri linguaggi», che promuove la prosa contemporanea in rapporto agli altri linguaggi artistici, con un’attenzione particolare rivolta agli studenti di università e scuole secondarie. «Questa esperienza - dichiara Colagreco - è arricchente, perché alimenta la relazione umana, donandoci il gusto della scoperta. E’ il potere salvifico della scrittura che, nella Terra Desolata, ci spinge nella profondità umana».
La poesia invita a guardare il paesaggio da una prospettiva differente, più umana. «E’ quanto abbiamo fatto in questa prima edizione del Mosaico Festival, che è la trama consequenziale del mega cantiere in atto nel nostro territorio, con la sfida ambiziosa di approdare a una rigenerazione sociale. Una sfida, come ci insegnano oggi questi importanti poeti giunti nella nostra terra da più parti d’Italia, che possiamo vincere abbeverandoci alla sorgente della cultura» dichiara l’assessore del Comune di San Severo Celeste Iacovino.