il biopic

Design e rivoluzioni del mito Pininfarina: arriva il film «Storia di una leggenda» della barese Flavia Triggiani

livio costarella

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Il nuovo documentario co-diretto da Triggiani insieme a Marina Loi sarà presentato in anteprima domani al Cinema Massimo, poi andrà in onda il 9 dicembre alle 15.25 su Rai 3 e su Raiplay

Nel finale del biopic Storia di una leggenda. Pininfarina, Giovanni Battista Farina - il cui cognome diventerà poi ufficialmente nel 1961 «Pininfarina» - riceve dal figlio Sergio e dal genero Renzo Carli una cinepresa. La accende, sorride e punta l’obiettivo su un enorme mappamondo. È il gesto metaforico e simbolico di un genio visionario, un imprenditore che ha scolpito con la sua eleganza e creatività il ‘900 italiano. Non vi era sequenza migliore per concludere il nuovo documentario scritto e diretto da Marina Loi e dalla giornalista barese Flavia Triggiani (che lavora da più di dieci anni come autrice di format e di programmi), prodotto da Flair Media Production in collaborazione con Rai Documentari, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte - Piemonte Doc Film Fund. Storia di una leggenda. Pininfarina sarà presentato in anteprima domani al Cinema Massimo (la multisala del Museo del Cinema di Torino), alla presenza delle registe, della presidente di Pininfarina Lucia Morselli, del direttore di Rai Documentari Luigi Del Plavignano e dei vertici del Museo del Cinema, Enzo Ghigo e Carlo Chatrian. In tv arriverà in prima visione su Rai 3 martedì 9 dicembre alle 15.25, per poi restare disponibile su RaiPlay. «Questo è un biopic che racconta una storia unica, tipicamente italiana, ma di fama internazionale - spiega Triggiani -, è il racconto di un sogno che si è avverato, e che a sua volta ha fatto sognare intere generazioni. È importante raccontare al pubblico anche storie edificanti di sacrifici, scalate, successi, come questa».

Il film ripercorre la parabola della famiglia e dell’azienda, dal giovane Battista che entra in officina a dodici anni e fonda la sua azienda nel maggio 1930, sino all’operato degli illuminati figli Sergio e Paolo Pininfarina. Attraversando la Seconda Guerra Mondiale, il boom economico, l’austerity e le rivoluzioni tecnologiche. Sullo sfondo scorrono le automobili e i progetti che hanno reso Pininfarina un marchio iconico, dalle collaborazioni con Ferrari, Maserati, Lancia e Alfa Romeo, a una serie di oggetti che hanno consolidato l’italian style nel mondo. Alcune pagine hanno la forza emozionante di sequenze cinematografiche: come quella volta, al Salone dell’Automobile di Parigi del 1946, in cui l’azienda - non invitata - espone due vetture all’esterno. Con un successo enorme per i suoi gioielli. Le Figaro scrive a sette colonne «Ce diable de Farina», «questo diavolo di Farina». O l’incontro «a metà strada», in un ristorante a Tortona, tra Pinin Farina ed Enzo Ferrari (organizzato da Sergio), da cui nasce un sodalizio destinato a cambiare la storia dell’automotive. «A dare voce alla leggenda - prosegue Flavia - è una costellazione di testimoni: Piero Ferrari, Giorgetto e Fabrizio Giugiaro, Luca Cordero di Montezemolo, Lapo Elkann, Giuseppe Lavazza, Arturo Merzario. Persino il cantante Mario Biondi, grande collezionista di auto d’epoca. Particolarmente intensa è la testimonianza inedita di Giorgia Pininfarina, moglie di Sergio, alla sua prima apparizione pubblica».

Accanto a loro, gli interventi di Gianluca Gasparini, consulente editoriale e filo narrativo del documentario, e di Silvia Baruffaldi, collegano industria e memoria. L’eleganza delle carrozzerie - dalla Cisitalia 202 definita «scultura in movimento», alle Ferrari e alle Alfa diventate oggetti di culto - si specchia nel lavoro della troupe: la fotografia di Alessandro Mattiolo, il montaggio di Pietro Foglietti, le musiche originali di Maurizio D’Aniello e Alessandro Franconetti. «Il repertorio è incredibilmente bello, prezioso, con immagini storiche bellissime e introvabili - conclude Triggiani -, tra materiali che arrivano dagli archivi privati della famiglia Pininfarina, da Ferrari, Istituto Luce, Teche Rai e Museo dell’Auto di Torino».

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