In Puglia e Basilicata
Un posto al cuore
«Primavera» di Munch (1889)
12 Marzo 2022
Lisa Ginzburg
Vivo in un paese di circa mille abitanti vicino a Caserta, uno di quelli maggiormente colpiti durante la prima ondata della pandemia. 180 morti in due mesi, quando in tempi normali i morti erano un centinaio all’anno. Ho visto soffrire e morire mio fratello (52 anni) e mio padre (82 anni). Mia mamma ed io a malapena siamo riuscite a sotterrarli nella tomba di famiglia, nel cimitero del paese.
Ora sono sola con mia madre. Vivo con un peso sul cuore che non mi fa respirare, proprio come il Covid. Mamma ha perso ogni ragione di vita. Si sta spegnendo come una candela. Sono passati due anni, il dolore è insopportabile. Esce solo per andare a messa e al cimitero. A volte osservo la sua piccola figura nera dalla finestra: corre nelle strade come una ladra, per quanto non vuole incontrare nessuno e non vuole parlare. Mi sento che sta morendo, ed io con lei.
Cerco un modo per poter uscire dal «tunnel», la mia mano nella sua.
Con gratitudine,
Antonietta
«Cara Antonietta,
quanto sforzo per i cuori. La pandemia, ora la guerra: prima lutto e paura, poi dissennata violenza; come che sia, ormai da tempo noi tutti viviamo circondati da un costante senso di dolore, di fine, di catastrofe, e l’orizzonte del futuro è imprevedibile e minaccioso. Devi essere molto provata da questo dover sostenere tua madre, e forse dedicandoti e premurandoti di alleviare il suo dolore non ti stai occupando abbastanza del tuo. Dobbiamo far spazio alla nostra pena, alla preoccupazione, al senso di perdita, perché se non li ascoltiamo scavano e scaveranno in noi dei buchi di disagio grandi e incolmabili come voragini. Se anche sembra difficilissimo, ascoltare la nostra vulnerabilità aiuta a tornare alla fonte di noi stessi, e di lì a coltivare una qualche forma di fiducia. Fiducia nella vita e nelle soluzioni che inaspettatamente sa offrire.
Non è facile ascoltarsi e prendersi cura di sé, e tuttavia è fondamentale: mai come adesso. Nel flagello del Covid da cui la tua famiglia è stata colpita in modo così violento, e ora dal disastro di una guerra insensata e fratricida, usciamo e usciremo molto diversi. Ammaccati, reduci, eppure forse più umani e solidali. Nel tenere per mano la tua mamma per uscire dal tunnel del vostro dolore, devi forse ascoltare di più il tuo, di figlia e sorella che ha perso lei anche i suoi amati. E nel vederti prenderti cura di te, tua madre troverà una sua strada per tornare alla vita, pur nel grande dolore che non la lascia, pur nella sua esistenza di anziana.
Certe volte per stare davvero vicini e aiutare qualcuno che amiamo, dobbiamo prima metterci al centro, occuparci al meglio di noi. Un individualismo che nella durata può rivelarsi più altruista di certe immedesimazioni simbiotiche in cui non si ha chiaro dove finiamo noi e dove incomincia l’altro, e in un mescolarsi indistinto non ci si aiuta a stare meglio. Pensa a te, piangi i tuoi lutti, ritrova un tuo asse: tua madre te ne sarà grata, e tu potrai meglio tenderle la mano, per uscire insieme dal tunnel del vostro dolore».
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