Golosità

Bari e il crudo di mare, una lunga tradizione

Barbara Politi

I racconti dei maestri pescatori e l’importanza del ghiaccio

Se dici crudo, dici Bari. Polipetti, crostacei, tagliatelle, allievi, sfilettati, “cocci”, cozze nere, “musci”, “noci”, patelle, gamberi rossi e così via, serviti rigorosamente senza limone e salse. Nel capoluogo pugliese il crudo di mare non è soltanto una tradizione gastronomica millenaria, ma una religione. Non è un caso, infatti, che i baresi dichiarino apertamente di essere sempre fedeli soltanto a due cose: San Nicola e il crudo.

Le origini di questa usanza, come detto, sono molto antiche, si pensa addirittura risalenti al Neolitico. Da allora, non ci si è più fermati e nel tempo il crudo è diventato per tutti il biglietto da visita della terra di Bari. L’immagine delle barchette nel molo di San Nicola (“N-dèrr’a la lanze”) è identità, è l’anima viscerale di questo territorio, dove i pescatori al mattino offrono ai passanti i frutti crudi nei piatti di carta, assaporati al posto del caffè.

I palati più affezionati, poi, soffrono la mancanza dei crudi più prelibati – ricci, datteri e “taratuffi” – oggi vietati poiché la loro pesca provoca gravi danni all’ecosistema. Preparazione: poche regole, ma essenziali. Fondamentale sentire l’odore dei frutti di mare, metterli in acqua e ghiaccio affinché il crudo resti croccante.

«L’importanza del crudo è sempre il ghiaccio», insegnano i mastri pescatori. Discorso a parte merita il polpo, di cui i baresi sono straordinariamente amanti, tanto che la sua arricciatura è divenuta un autentico rito tramandato di generazione in generazione. Ma questa è un’altra storia.

Tornando alle crudité, che si mangiano lungo tutta la costa pugliese (dal Nord del Gargano al Salento), è sul litorale Sud barese, tra Savelletri e Torre Canne, che regna la patria dei frutti di mare, lì dove il crudo marino è diventato una vera e propria cultura. Pullulano, infatti, i chioschi con l’affaccio sul mare, alcuni di questi a pochissimi metri dal bagnasciuga, gremiti ai primi caldi, dove respirare il profumo del mare e assaporare il pescato, abbinato a buona bollicina locale, è un’esperienza imperdibile. Un percorso speciale a cui si rinuncia sempre meno, turisti compresi, tanto la sua fama è diventata internazionale.

«Sushi? Crudo barese tutta la vita», ironizza qualcuno. Sua maestà il pescato locale è effettivamente idolatrato, sottomesso solo al Dio del mare, che regna sovrano al largo delle acque pugliesi.

La Puglia in tavola è immagine e sostanza, filosofia di vita, arte di condivisione insegnata dagli avi e dai pescatori, tipica di un popolo che ha nel sangue il gene dell’ospitalità.

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