Si è chiusa con quattro indagati l'inchiesta della procura ionica sul suicidio avvenuto l'11 gennaio scorso nell'ospedale Santissima Annunziata di un paziente psichiatrico in attesa da 13 ore di un ricovero. Il pubblico ministero Raffaele Graziano ha firmato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari che ha coinvolge due medici e due infermieri. Una storia che ha messo nero su bianco le criticità strutturali e l'emergenza vissuta nella struittura sanitaria tarantina e in particolare nel reparto di Pronto soccorso: un paziente psichiatrico in «codice arancione» che resta in attesa per 13 ore al Pronto Soccorso «senza ricevere una visita medica» è indice «di una situazione organizzativa-strutturale deficitaria» avevano infatti scritto i consulenti del pubblico ministero nella loro relazione. In quel documento medici legali Roberto Catanesi e Biagio Solarino avevano sostenuto che è «indubitabile» il fatto che le «criticità strutturali» del pronto soccorso «ingolfato da pazienti» possano aver inciso anche sulle scelte individuali dei singoli medici diventando un «un vulnus nel livello di auspicato modello di trattamento, ritardando apprezzabilmente le misure di prevenzione che sarebbe stato possibili adottare».
In quelle 89 pagine i due consulenti hanno ridotto al minimo le colpe dei medici finiti nell’inchiesta, ma hanno puntato il dito contro la situazione critica in cui si trova la sanità ionica e chiarendo che non solo il suicidio non era prevedibile, ma che quella sera in particolare, la situazione nel reparto di primo intervento era talmente drammatica che il personale in servizio aveva inviato persino una mail alla direzione generale per denunciare le condizioni in cui stavano operando.
Insomma, al di là del caso specifico, anche da un’inchiesta giudiziaria emerge il quadro difficile della sanità tarantina: «una attesa della prima visita medica, in codice “arancione”, pari a 13 ore; un arco di tempo – scrivono i consulenti della procura - davvero lungo, per qualsiasi colore di codice, ma davvero inaccettabile per un codice arancione».
I quattro indagati, difesi dagli avvocati Andrea Albanese, Antongiulio Leuzzi, Daniele D'Elia, Claudio Petrone e Raffaele Errico, avranno ora 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o presentare memorie difensive fornendo la loro versione dei fatti: toccherà poi al pm Graziano decidere se archiviare le accuse o chiedere il rinvio a giudizio.