la sentenza
Nessuna frode sulle mascherine, assolto in appello un imprenditore di Martina Franca
Verdetto ribaltato: il 63enne era stato condannato in primo grado a 1 anno. La difesa ha dimostrato che l’uomo era ignaro delle irregolarità
È stato assolto dalla Corte d’appello diTaranto un noto imprenditore 63enne di Martina Franca, accusato di aver importato e venduto, durante la pandemia oltre 700 mascherine Ffp2 non conformi: il 63enne era stato condannato in primo grado alla pena di 1 anno di reclusione, ma in secondo grado è stato dichiarato innocente.
A deciderlo, alcuni giorni fa, i magistrati della Corte che hanno aderito alla tesi del difensore dell’imprenditore, l’avvocato Salvatore Maggio, che nel corso del secondo giudizio ha dimostrato la completa buona fede del proprio assistito.
Le accuse mosse dalla procura tarantina nei confronti del 63enne erano di frode commerciale, vendita di prodotti contraffatti e violazione dei regolamenti dell’Unione europea. Nello specifico, le contestazioni riguardavano la messa in vendita all’interno dei negozi di proprietà dell’uomo, di 728 dispositivi di protezione individuale del tipo ffp2 «prive dei requisiti essenziali di sicurezza, previsti dalla normativa comunitaria» e «diverse da quanto dichiarato nell’etichettatura» per «qualità, provenienza ed origine». I dpi, per l’accusa, si presentavano con la marcatura Ce – che sta a indicare proprio la provenienza europea – ma anche senza indicazione del produttore «responsabile della commercializzazione e importazione nell’Unione Europea».
Una ricostruzione a cui il giudice di primo grado aveva dato credito condannando l’uomo nel marzo dello scorso anno.
L’avvocato Maggio ha poi impugnato la sentenza e, nel corso della discussione ha spiegato che il 63enne non aveva l’intento di commercializzare un prodotto non a norma, ma che fosse ignaro della loro provenienza e dunque, false. Assunto che, come anticipato, ha infine convinto i magistrati della Corte che hanno dichiarato la completa estraneità dell’imprenditore alle accuse.
Durante il periodo del covid, molte sono state le inchieste della magistratura che hanno riguardato le mascherine: non soltanto rispetto alla provenienza e relativa violazione delle norme ce, ma anche sui prezzi gonfiati a dismisura. Proprio in Puglia, nei primi mesi del 2024 era arrivata la condanna di primo grado per due imprenditori della provincia di Bari che avevano rifornito la Asl pugliesi, con l’accusa di aver alzato il prezzo di vendita fino al 4100 per cento: centinaia di migliaia di dpi pagati 36 centesimi e rivenduti poi alle aziende sanitarie locali a un prezzo che oscillava tra 12 e 14 euro. Condotte, quelle dei due fornitori, che il giudice nelle motivazioni della sentenza aveva definito «incredibili».