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Lido Taranto, il ritorno degli invisibili. Ibrahima: «Una stanza? 42 euro a notte»

valentina castellaneta

Una tenda davanti all’ingresso di un lungo locale buio e lurido, è tutto ciò che protegge lui e i suoi compagni dalle fredde notti vicino al mare

Ibrahima, viene da Gambia, ha 26 anni, lavora come bracciante in campagna ed è uno degli invisibili che abitano le rovine del vecchio stabilimento balneare di Lido Taranto. Abita in quella piccola porzione di spiaggia, affacciata sulla rada di Mar Grande, che sorge dove finisce la passeggiata Alessandro Leogrande del Lungomare di Taranto. Una tenda davanti all’ingresso di un lungo locale buio e lurido, è tutto ciò che protegge lui e i suoi compagni dalle fredde notti vicino al mare. I materassi per terra sono il loro giaciglio. Racconta di fare a doccia in mare o nella fontana dei giardini Pandiani, in via Nitti.

Un suo compagno di sventura è malato, non riesce ad alzarsi dal letto e grida di andare via. Sono soli, eppure poco sopra questi accampamenti di fortuna, la vita scorre ignara. Il traffico passa veloce, la gente passeggia godendo del sole caldo. A pochi metri di distanza queste persone vivono nella spazzatura, in un luogo poco sicuro e maleodorante. Kyma Ambiente è venuta ripulire dai rifiuti che tenevano in ostaggio questo posto, l’hanno fatto anche delle associazioni di cittadini, ma le vecchie cabine, il bar, la biglietteria che un tempo erano luogo di vacanza ora nascondono rifiuti, materassi, scarpe e vestiti. I migranti hanno lasciato ad asciugare maglioni e jeans anche sul passamano della stretta scala di ferro che porta alla spiaggia.

Ibrahima ha la faccia pulita da bravo ragazzo e vive a Taranto da 3 mesi, è venuto qui per la vendemmia. «Prima vivevo a Milano – racconta – lì sono riuscito ad avere permesso di soggiorno e documenti, ma era costoso. Sono venuto qui per lavorare come bracciante, avevo preso una stanza in centro che costava 42 euro a notte, ci ho vissuto per 2 settimane ma i miei soldi sono finiti».

Da alcune settimana vive accampato in uno dei locali di Lido Taranto e dice di non essere l’unico a viverci perché le stanze costano troppo. «In qualche settimana ho visto tanta gente passare da qui. C’è tanta gente che vive lì e lì» dice indicando i frangiflutti che interrompono la passeggiata Leogrande, a strapiombo sul mare.

«In questa città – racconta - non riusciamo ad interagire con la gente con cui lavoriamo. Molti di noi sono illegali, non hanno documenti e gli altri li guardano male. Non credo che il Comune possa aiutarci, non lo hanno fatto fino ad ora». In realtà Ibrahima racconta di volersela cavare da solo, non ha provato neanche ad avere una mano dal sistema d’accoglienza. E delle associazioni del territorio non sa nulla.

L’amministrazione comunale, come aveva annunciato ad agosto, ha bandito la gara d’appalto per abbattere il vecchio stabilimento balneare, togliere i piloni arrugginiti conficcati nella sabbia, che un tempo erano la passerella. Fino ad allora, quel luogo continuerà ad essere il rifugio degl invisibili. Come Ibrahima.

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