la storia

Da Taranto a Valencia, Maria Zigrino volontaria per... servizio

Valentina Castellaneta

Uno degli angeli del fango che a Valencia stanno dando una mano agli alluvionati: «Qui è un disastro e non è ancora finita»

«Ho visto cose che mi hanno toccata molto emotivamente, l’alluvione ha causato tantissimo dolore, sono ancora tanti i dispersi e se ci penso mi viene da piangere». Maria Zigrino è uno degli angeli del fango che a Valencia stanno dando una mano agli alluvionati. Lei è una tarantina di 33 anni e lavora in Spagna oramai da quasi 5 anni. È dipendente di una società che si occupa di consulenze in ambito digitale e in questo periodo sta anche dando una mano nelle zone toccate dall’alluvione. Un gesto che le è venuto spontaneo. È scout nel gruppo Agesci Taranto 19, nella parrocchia Santi Medici e racconta che il volontariato fatto durante gli anni dello scoutismo, spalla a spalla con i suo compagni di strada ora le è tornato utile. «È nata in me come una sensazione di impotenza. Non potevo restare tranquilla a casa a non fare niente. Qui a pochi chilometri da casa mia c’è gente disperata».

Maria si ritiene fortunata perché l’alluvione che ha colpito la città il 29 ottobre scorso non ha toccato la sua zona. «La città di Valencia, non è stata colpita, il problema è sorto nei piccoli comuni limitrofi. La cosa che fa più effetto è vedere il livello dell’acqua, la linea netta a oltre un metro e mezzo da terra che ha lasciato il fiume sui muri delle case, anche all’interno delle abitazioni. L’altro giorno nella hall di una casa di riposo che abbiamo aiutato a ripulire, la linea mi arrivava all’altezza degli occhi». Quello di cui si stanno occupando Maria e gli altri volontari è aiutare le persone a ripulire le loro case dal fango, per renderle un po’ più vivibili. «Ti rendi conto – spiega Maria - come questo evento catastrofico stia portando via tutti i ricordi passati di queste persone, cancellando le loro vite, che vengono buttate via come rifiuti. L’altro giorno c’era un uomo che camminava con i piedi in questa fanghiglia che arrivava al polpaccio, senza scarpe, con le ciabattine. Lo abbiamo aiutato, gli abbiamo dato delle scarpe, ma è tutto quello che possiamo fare, mentre i vigili del fuoco con le canoe cercano le persone disperse. Si pensa che i cadaveri possano essere stati seppelliti dal fango o trascinati a mare. La nave Open Arms sta scandagliando le coste in cerca di queste persone».

Maria descrive zone che in altri momenti della sua vita sono state luogo di vacanza, spiagge e luoghi dove ha mangiato la paella valenciana, che ora sono irriconoscibili. Racconta di una situazione politica difficile e della sensazione di abbandono che hanno i volontari che si autogestiscono attraverso i social. «Non c’è nessuno che ci coordini o ci dica cosa fare – spiega - non c’è la protezione civile. Qui le regioni hanno un governo proprio e il governatore attuale ha spostato i fondi per le catastrofi naturali in altri ambiti. È un negazionista del cambiamento climatico e ora siamo arrabbiati». Nei suoi giorni di volontariato sta usando le t-shirt del suo gruppo scout, come se portasse i suoi amici con sé anche in questa esperienza così difficile che la prova emotivamente e fisicamente. Ma Maria continua a dare una mano perché il suo non è solo volontariato, è servizio.

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