I nodi dell'acciaio
Ex Ilva di Taranto, si spacca il fronte sindacale: l'Usb contro i Confederali
«Continuano nel percorso solitario di iniziative velleitarie». Anche in assenza di convocazioneCgil, Cisl e Uil saranno a Palazzo Chigi martedì 7 novembre
TARANTO - Dopo i cittadini, la politica e i lavoratori, l'ex Ilva di Taranto ora spacca definitivamente anche i sindacati metalmeccanici. Da un lato l'Usb e dall'altro Fim, Fiom e Uilm: al centro la vertenza della più grande acciaierie d'Europa e più in dettaglio i prossimi incontri tra il Governo e Acciaierie d'Italia, la joint venture che gestisce lo stabilimento siderurgico e che composto dal socio privato di maggioranza, Arcelor Mittal e lo Stato attraverso Invitalia.
Sul tavolo c'è il futuro della fabbrica ormai alla canna del gas e dei suoi lavoratori che dal 2012 vivono sistematicamente sul filo del rasoio. I confederali hanno annunciato ieri mattina che, anche se non dovesse arrivare una convocazione formale, martedì 7 novembre alle 10 saranno con le rispettive delegazioni a palazzo Chigi per «continuare il confronto sulla drammatica situazione dei lavoratori coinvolti nella vertenza di Acciaierie d’Italia», così «come convenuto nell’ultimo incontro tenutosi presso la presidenza del Consiglio».
Le parole di Roberto Benaglia, segretario generale Fim Cisl, Michele De Palma, della Fiom Cgil e Rocco Palombella di Uilm Uil, fanno seguito all'ultimo incontro del 20 ottobre scorso: dopo la manifestazione a Roma e lo sciopero in tutti i siti del gruppo, i capi di gabinetto dei ministeri interessati promisero un nuovo confronto con l'azienda entro il 7 novembre e la partecipazione al tavolo dei sindacati. Ma l'invito, al momento, non è arrivato e Fim, Fiom e Uilm hanno comunicato chiarito che quel giorno ci saranno per chiedere chiarezza sull'assetto societario dopo la notizia di un memorandum sottoscritto da ArcelorMittal l’11 settembre scorso.
All'annuncio dei confederali, però, sono seguite poche ore dopo quelle di Usb che ha accusato Fim Fiom e Uilm di agire in via esclusiva. «Settimane fa - hanno dichiarato Sasha Colautti e Franco Rizzo dell'Esecutivo Confederale Usb - abbiamo scritto a Fim, Fiom, Uilm una lettera aperta, finalizzata a condividere un percorso di mobilitazione unitaria, caduta però nel vuoto. Prendiamo atto oggi che continuano in un percorso solitario di iniziative velleitarie, tese anche ad escludere tutta la rappresentanza dei lavoratori di Acciaierie D'Italia.
Qualcuno continua a vedere la vertenza Ex Ilva come fosse un'esclusiva, ma ricordiamo che la nostra organizzazione è superiore per rappresentatività anche rispetto ad alcune delle sigle sindacali confederali». Rizzo e Colautti hanno poi annunciato che «la prossima settimana inizieranno le nostre assemblee negli stabilimenti e partiranno necessariamente le nostre iniziative, sia a Genova che a Taranto. Palazzo Chigi – hanno concluso i rappresentanti di Usb - deve convocarci e dare le risposte che attendiamo, abbiamo ribadito che siamo pronti alla mobilitazione davanti alla svendita del futuro del nostro Paese ad una multinazionale».
Strade diverse, insomma, anche se alcune richieste sono diventate ormai comuni ai due fronti: come il passaggio in maggioranza dello Stato e la testa dell'amministratrice delegata Lucia Morselli. «Il Governo - aveva infatti tuonato nei giorni scorsi Palombella - dopo quattro anni, anziché interrompere questa gestione fallimentare e chiedere conto delle responsabilità, avvia una assurda trattativa con Mittal, arrivando a firmare un pre accordo, mentendo ripetutamente alle organizzazioni sindacali sulla sottoscrizione» per poi chiedere al Governo di «fermarsi con questa dannosa trattativa, prima che sia troppo tardi. Mai come in questo momento il destino di migliaia di lavoratori è ancora nelle mani di questo Esecutivo». E nelle stesse ore, Colautti e Rizzo avevano denunciato come quella trattativa tra il Governo e Adi stesse «mettendo il futuro del nostro paese nelle mani di una multinazionale che non ha mai rispettato alcun accordo e che ha esclusivamente agito nel proprio interesse.
Il Governo - aggiunsero i due esponenti di Usb - commetterebbe un grave errore nel concedere l’ennesimo intervento pubblico a sostegno della gestione fallimentare prodotta da questo soggetto». Obiettivi comuni, quindi. Almeno nelle dichiarazioni. Nella pratica però, sembra ripetersi lo stesso copione che in passato ha decimato anche la galassia ambientalista tarantina in un arcipelago di associazioni e gruppi. Sulla carta tutti favorevoli alla chiusura della fabbrica, ma nella realtà ognuno per conto suo.
E così, ancora una volta, la parola decisiva potrebbe ancora una volta pronunciarla la magistratura, ma questa volta quella europea: lo stesso 7 novembre, mentre a Roma si svolgerà il nuovo tavolo, la Corte Europea di giustizia dovrà infatti decidere sul ricorso presentato dal Tribunale di Milano dopo la class action avviata dai Genitori Tarantini. Una sentenza, un'altra, che potrebbe avere un peso definitivo.