Il caso
Taranto, bufera sul servizio dipendenze Asl per lo scambio di provette, sette indagati
Al vaglio degli inquirenti anche la presunta manomissione dei registri delle presenze
TARANTO - Scambio di provette per pilotare le analisi antidroga, firme di ingresso e uscita per conto degli utenti, prelievi e analisi ad amici e familiari. È una vera e propria bufera quella che si è scatenata su «Ser.D» di Taranto.
Sono sette le persone iscritte nel registro degli indagati dal sostituto procuratore della Repubblica Maria Grazia Anastasia che ha coordinato l’indagine della squadra Mobile su una serie di anomalie nel Servizio di assistenza alle dipendenze dell’Asl di Taranto. L’inchiesta, che risale al periodo tra il 2018 e il 2020, è partita da una denuncia di un dirigente dell’azienda sanitaria locale che aveva notato una serie di comportamenti anomali di alcuni operatori, ma nel corso delle indagini.
In particolare il medico aveva denunciato come alcuni lavoratori del servizio sanitario e ausiliario che si occupavano della distribuzione del metadone e dei prelievi di urina, avrebbero scambiato le provette di alcuni pazienti prima di essere sottoposte alle analisi tossicologiche per alterare i risultati e garantire che non fossero trovate tracce di droghe nei liquidi.
Non solo. La denuncia parlava anche della manomissione dei registri su cui venivano segnate le presenze dei pazienti con le firme e gli orari di ingresso e uscita dalla struttura sanitaria.
La denuncia ha dato il via alle attività investigative dei poliziotti che grazie a intercettazioni e video riprese hanno innanzitutto trovato una serie di conferme ai fatti descritti nella denuncia, ma hanno permesso di individuare anche altro.
Dall’ascolto delle conversazioni infatti, è emerso che in diverse occasioni alcuni medici avrebbero ottenuto il prelievo di sostanze organiche per parenti e amici: in sostanza, invece di seguire la normale prassi di prenotazione e il pagamento del ticket previsto per la prestazione, avrebbero ottenuto il «favore» di prelievi che in alcuni casi erano poi inviati al laboratorio analisi degli ospedali tarantini per ottenere l’esito. In un episodio, uno degli indagati mentre era ammalato a casa avrebbe telefonato a una collega chiedendo di fargli pervenire alcune fiale di flebo: la donna si era quindi rivolta al marito che lavora in ospedale e questi, dopo averle recuperate le avrebbe addirittura consegnate a domicilio. Tutto gratis per gli utenti, ma con il prezzo pagato dall’Asl.
Infine dalle indagini è emerso che due infermiere avevano in passato chiesto e ottenuto un prestito in denaro da uno dei pazienti: denaro che stando a quanto emerge dall’inchiestale donne non avrebbero mai restituito scatenato l’ira del paziente. Quest’ultimo infatti, non solo avrebbe inviato due lettere dal carcere di Lecce mentre era detenuto, ma in un giorno di permesso si è presentato nella struttura urlando e minacciando di parlare con la donna per ottenere la restituzione del denaro.
Ai poliziotti la donna ha negato qualunque prestito, ma i poliziotti l’hanno intercettata nella sala d’aspetto, poco prima dell’interrogatorio, mentre si lasciava andare a commenti sulla vicenda proprio con l’uomo che chiedeva la restituzione del denaro. Nei giorni scorsi alle sette persone coinvolte, sono stati notificati gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari: gli indagati avranno ora 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o presentare memorie scritte e fornire la loro versione dei fatti. Poi toccherà al pubblico ministero Anastasia decidere se archiviare le accuse oppure chiedere il rinvio a giudizio nei loro confronti.