L'intervista

Ischia premia Marcia Gay Harden, la diva che racconta la forza e le ferite dell’essere donna

Stella Fanelli

«Siamo madri, lavoratrici, libere di amare e combattere per i nostri diritti»: la star di Pollock e Mona Lisa Smile si confessa tra memoria, attivismo e amore per il cinema degli anni '40. E rivela il film che le ha cambiato la vita: The Sound of Music

È il Premio Oscar Marcia Gay Harden la prima stella dell’Ischia Film Festival edizione 2025. All’attrice di cui, nella seconda serata della kermesse (che anche quest’anno Michelangelo Messina ha confezionato con la consueta raffinatezza delle scelte artistiche) si è proiettato Crocevia della morte (1990) dei fratelli Coen, il film che le ha regalato la prima importante notorietà, va il premio alla carriera. Interprete poliedrica e sensibile, Marcia ha espresso della femminilità la determinazione, lo svantaggio sociale, l’impegno, la coscienza drammatica del suo ruolo nella storia. 

Ha vinto un Oscar per una interpretazione (per il film Pollock, 2000) con la quale è riuscita a mostrare la forza, il valore di una donna che salva un uomo e il suo talento, lo supporta,  accetta di farsi infliggere dolore da lui per amore eppure Lee Krasner il suo personaggio è un’artista, ha una personalità forte, cita Rimbaud.. In Mona Lisa Smile è Nancy, insegna etichette e buone maniere,  quelle con cui negli anni ‘60 ancora si insegnava alle donne a meritare un posto nel mondo..! Pensi che oggi il Cinema potrebbe finalmente raccontare una storia in cui le donne non salvano ma si sono salvate da sole e hanno trovato il loro posto nel mondo? O ancora c’è molta strada da fare per la conquista dell’emancipazione per le donne? 

«Ogni donna è un individuo! Negli Stati Uniti si vive un momento storico e sociale in cui si invitano le donne  a restare a casa, a non andare a scuola, a restare coi bambini ed è scioccante che esistano donne e uomini che lo accettano e anzi pensino che sia giusto! Se pensiamo all’Iran da un giorno all’altro le donne non potevano piu andare all università, lavorare. Le cose sono cambiate rispetto agli anni 50 ‘60 ma purtroppo non dappertutto e compiutamente. Le donne devono poter fare tutto quello che vogliono! Essere madri, lavorare, essere omosessuali e rimanere sulla strada giusta della lotta per i diritti! Bisogna riflettere sul fatto che gli uomini nella storia hanno conservato la loro posizione, per loro nulla cambia, nessuno ha mai messo in discussione il loro ruolo, i confini degli spazi in cui esprimersi! Per le donne non è stato così, per noi il destino è qualcosa di estremamente fragile. Alcune tra noi possono usare anticoncezionali, mettere i pantaloni in alcune culture questo non è stato ancora conquistato! I due personaggi a cui lei faceva riferimento nella sua domanda sono molto diversi: Nancy mi ha fatto spesso sorridere era una specie di ‘dinosauro’ che aveva le ore contate, la modernità era alle porte! Lee invece all’inizio pur talentosa non sa amarsi, non sa rispettare il suo valore forse fedele a dei cliché comportamentali che volevano dalle donne i sacrifici più grandi. Solo alla fine scopre la bellezza delle sue doti. Come lei penso ogni donna abbia bisogno di tempo per imparare a lottare per se stessa soltanto!».

Marcia facciamo un gioco: immaginiamo che io ti dica che puoi guidare una macchina del Tempo e correre negli anni più felici e geniali della storia del cinema! Dove andresti? Chi cercheresti? 

«Wow! Andrei negli anni ‘40! Sono stati anni di significativa importanza per la storia del cinema e per la storia in generale credo! Anni difficili, drammatici ma in cui abbiamo combattuto e vinto per la libertà! Cercherei Barbara Stanwyck per i suoi dialoghi, la sua intelligenza e poi ovviamente l’immensa Catherine Hepburn che era una donna cosi intelligente, indipendente e ha indossato i pantaloni prima delle altre! E Claire Dodd una grande donna, una avanguardista, avrei amato recitare con lei! Adoro quegli anni!». 

L’amore per il cinema è nato da un colpo di fulmine? Se sì per quale film?

«Conosce The Sound of Music? Ecco è stato lui! Julie Andrews è meravigliosa, in quel film ho visto recitare, ballare, cantare! Quando ero piccola mio padre era un Marines, era nella Navy, vivevamo in Giappone quindi non potevo vedere molti film, per me andare al cinema è arrivato molto dopo negli anni! E me ne sono innamorata! Credo che un film raggiunga il suo scopo quando  le persone che lo guardano si riconoscono in quella storia, nei personaggi e dicono ‘ok ti vedo, sono importante!». 

Un regista con cui vorrebbe lavorare?

«Prima tra tutte Jane Campion! Ma vorrei dire che lavorare  con Marcello Mastroianni in La vedova americana  è stato meraviglioso perché lui metteva il cuore in tutte le cose!».

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