Televisione

Una famiglia di giostrai pugliesi tra luci e ombre: su Sky da domani «I re del luna park»

Carmela Cosentino

Racconto in quattro puntate della vita quotidiana e delle difficoltà dei Monti Condesnitt, una delle famiglie più famose, fra le ultime che continuano a difendere una tradizione che sembra ormai destinata a sparire

Su Sky Documentaries, da domani 30 novembre va in onda la docu-serie I re del luna park, il racconto in quattro puntate della vita quotidiana e delle difficoltà dei Monti Condesnitt, una delle famiglie di giostrai pugliesi più famose, fra le ultime che continuano a difendere una tradizione che sembra ormai destinata a sparire. Prodotta da Ballandi, diretta da Marco Pellegrino, ideatore e autore del progetto con Giulio Beranek, che ne è anche interprete, e Daniela Mitta, la serie ripercorre le vicende dei «Dritti», fieri custodi della tradizione del Luna Park itinerante, un mestiere «fatto di montaggi, smontaggi e viaggi», dirà Giulio Beranek, tra sagre e feste di paese.

Negli anni ‘80 mentre il Luna Park raggiunge il culmine della popolarità, la Sacra Corona Unita si insinua nella vita dei Monti Condesnitt, sfruttando il biglietto omaggio come strumento di ricatto e controllo: la criminalità locale esercita pressioni su tutte le famiglie di giostrai, approfittando di un sistema in cui l’intimidazione e la corruzione coinvolgono perfino le istituzioni. La frattura generazionale tra i Monti Condesnitt emerge quando Amilcare, decide di affrancarsi dal controllo paterno e in breve tempo costruisce una rete criminale tanto efficace quanto devastante per il nome della famiglia che, nel corso degli anni, da ammirata e rispettata, si ritrova ad essere sempre più isolata, segnata dalle indagini della polizia e dalla crescente ostilità delle bande rivali. La tensione familiare si intensifica tra chi vuole preservare la tradizione e chi, come Amilcare, persegue il potere e il denaro a qualsiasi costo, fino all’arresto, nel 2013, accusato di usare le giostre come copertura per traffico internazionale di armi e droga.

La docuserie, ispirata al romanzo Il figlio delle rane (edizione Bompiani) scritto a quattro mani dagli stessi Pellegrino e Giulio Beranek, è stata realizzata «nell’arco di dodici anni - racconta il regista -. Un progetto che ha avuto inizio quando io e Giulio ci siamo conosciuti sul set de Le mani dentro la città. È nata subito un’amicizia, e così mi ha raccontato i suoi ricordi di bambino in mezzo alle giostre. Da lì siamo partiti prima a scrivere dei cortometraggi con il sogno di fare un film, sogno che c’è ancora - afferma -. Poi con la stesura del romanzo, e nel frattempo ogni volta che andavo a Taranto giravo un po’ di materiale. Le primissime riprese datate 2010 - sottolinea Pellegrino - sono state realizzate da un altro regista Emanuele Tammaro il quale lavorava al backstage di Mar Piccolo. Grazie a lui abbiamo avuto la possibilità di recuperare un materiale moto importante su una fase anche molto complicata della vita di Giulio».

La docu-serie, un lavoro complesso e ben strutturato, un racconto fluido di «questo microcosmo con i suoi confini, che vive di “mestiere” che nel loro gergo significa “attrazioni”», spiega il regista, si conclude con un’intervista ad Amilcare che dal carcere racconta i dettagli, anche quelli più spinosi, della sua carriera criminale nei Balcani. La prima puntata in onda domani, 30 novembre, alle 21.15.

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