Netflix

Gli adolescenti e la sessualità: un rapporto complesso narrato con realismo e poesia

Marzia Gandolfi

Come raccontare il sesso agli adolescenti senza cadere nel paternalismo o nel sentimentalismo ebete? Sex Education ha trovato la ricetta: verbalizzare il desiderio dietro l’estetica pop e i codici della sitcom. Un approccio al genere inedito quello di Laurie Nunn, che mescola la realtà con il fantasma senza fare la morale. Orientamenti sessuali diversi ma domande comuni hanno sfilato nei bagni abbandonati del Moordale, trasformati in uno studio clandestino di sessuologia da Otis Milburn, timido liceale britannico a disagio nel suo corpo ma a suo agio con la parola.

Quattro stagioni dopo la sex comedy Netflix si impone come una delle grandi referenze delle serie «teen», genere in piena evoluzione che descrive realmente il rapporto tra gli adolescenti e la loro sessualità. È tutta qui la magia di Sex Education, serie ultra-progressista che elude i cliché e conta sull’empatia pregnante dei suoi personaggi. Se nelle prime tre stagioni ciascuno di loro scopriva se stesso attraverso gli altri, la quarta implica una forma di solitudine. Quasi costretti all’introspezione, adulti e adolescenti evolvono da soli: Adam affronta la sua paura del fallimento, Jackson è alla ricerca delle sue origini, Aimee si ripara attraverso l’arte, Eric mette in discussione la sua «fede» con un voto d’inclusività sacerdotale.

Frustrante quanto necessaria, l’analisi interiore è la via per ritornare al mondo e accettare un destino contrario. Alternativa alle nevrosi di Euphoria e a una realtà terrificante, Sex Education si affida al linguaggio e alla maturità dei suoi eroi per mostrare come le cose potrebbero e dovrebbero essere.

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