La festa
Gli 80 anni di successi di Al Bano: «Mi chiamavano terrone»
Il Leone di Cellino San Marco si racconta in un'intervista a tutto tondo per la Gazzetta
Ottanta... voglia di vivere. Per lui, meglio dire… “quattro volte venti”. E ai suoi vent’anni, anno più anno meno, è rimasto legato nello spirito e – soprattutto - nella voce. Al Bano, all’anagrafe Albano Carrisi da Cellino San Marco, ha festeggiato i suoi primi 80 anni portando all’arena di Verona gli amici e colleghi da sempre: da Gianni Morandi a Massimo Ranieri, passando per Renato Zero e i Ricchi e Poveri, Umberto Tozzi e Iva Zanicchi e Arisa. Non sono mancati Romina e i suoi figli nel mega show, che sarà trasmesso da Canale 5.
Ma è vero che il successo di Al Bano è legato al suo nome, oltre alla voce?
«Diciamo che è in qualche legato alla profezia di mio padre, don Carmelo. Fui concepito durante una licenza, prima che lui tornasse al fronte, in Al- bania. Con qualche stratagemma, tanta fortuna e l’aiuto degli albanesi riuscì a tornare in paese ma prima scrisse a mia madre che un eventuale figlio maschio dovevano chiamarlo Albano, perché quel popolo al di là del mare lo aveva salvato. “Vedrai - scrisse alla mamma - quel bambino sarà la no- stra fortuna”. Poi, il ritorno a Cellino dopo il sogno premonitore della mamma, che aveva sognato il patrono San Marco che gli annunciava il ritorno di mio padre nel giorno della sua festa. Così fu. E fu festa anche per me, che grazie a lui scoprii per la prima volta il cioccolato degli americani e apprezzai tanto i suoi regali: un clarinetto e una piccola fisarmonica».
Due strumenti musicali, un segno del destino?
«Un segno del destino anche il fatto che il mio idolo Mimmo Modugno abitasse a pochi chilometri da me. Il suo esempio mi ha spinto ad andare a Milano, anche se a lui i frati di un convento gli aprirono le porte, quando arrivò squattrinato dal- la Puglia. A me, invece, le… chiusero in faccia. Ero partito per Milano con la classica valigia di carto- ne: dentro qualche indumento, una bottiglia d’olio, qualche frisa e tante speranze».
A Cellino aveva lasciato anche una fidanzatina?
«Non proprio, nel senso che mi ero in qualche modo innamorato di una ragazza che studiava con me, al Magistrale gestito dalle suore, a San Dona- ci. Si chiamava Fiorella, ma con lei neanche un ba- cio. Quando dovevo comprare la prima chitarra le chiesi mille lire in prestito e con grande sorpresa lei me le fece avere. Poi le ho battezzato il figlio»...
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