Punti di vista
Rinnovare la memoria per evitare altre tragedie
A 26 anni dal crollo di viale Giotto
Ci volle qualche giorno. E accadde la prima domenica dopo la tragedia, quando Foggia tutta si (ri)svegliò in lacrime, triste come non mai. Prima fu l’orrore, l’emergenza, gli aiuti, la speranza. Poi fu la disperazione. Solo quella. È inevitabile ricordare così quella crepa al cuore della città che fu Viale Giotto anche a distanza di ventisei anni, ma è forse un balsamo addolcire quel ricordo crudo non già per il tempo che passa – e non cancella – ma per una diversa postura rispetto all’evento. Si disse di un’edilizia selvaggia e frettolosa, di segnali non colti. E oggi? Tanto progresso è passato sotto i ponti e tragedie del genere non accadranno mai più; non avranno questa portata gigantesca, ma che dire di quei piccoli, grandi accorgimenti di stabilità e sicurezza (e contro il degrado) di cui necessitano vecchi edifici – palazzo Trifiletti, ad esempio, nel cuore di un’arteria cittadina centrale divorato da fuochi, bivacchi e topi – e scuole.
Quelle dove abbiamo studiato, quelle in cui si recano oggi i nostri figli e persino i nostri nipoti, e che spesso conservano ancora lo stesso vulnus che abbiamo conosciuto nei cinque anni in cui abbiamo abitato quegli edifici come case. Sono solo spunti cui se ne possono aggiungere altri. Manto stradale dissestatto, piazze che, pur riviste, rivisitate, urlano la loro tristezza.
Certo, è poca cosa rispetto a una tragedia immane, e neanche c’è da paragonarle. Ma un ricordo così sedimentato nella memoria di tutti noi non deve essere mera passività, ma propellente ad agire. Giustissimo il monumento ai caduti, veri eroi incolpevoli che hanno pagato con la vita gli errori di calcolo altrui, ma che ci sia un altro modo di vivere Viale Giotto, un modo attivo. Novembre, per Foggia, porterà sempre con sé non solo quella tristezza che si lega al mese dei defunti, ma il dolore di questo evento che dentro ciascuno di noi significa qualcosa. Devono saperlo ancora oggi, a distanza di tempo, coloro che su quel cratere di dolore stettero lì dimentichi dell’orologio e delle proprie case comode, calde e soprattutto sicure. A loro, soccorritori, vigili, poliziotti, crocerossine, medici e giornalisti il sentito, ideale abbraccio attorno a quei volti, a quei nomi che mai dimenticheremo; il cuore e l’anima di tutta una città ferita a morte.