Punti di vista
Attraverso lo specchio del museo «Faggiano»
Quel fascino del centro storico di Lecce
Sono tornata a visitare il Museo Faggiano in questi giorni, non lo facevo da un pezzo. Ed ecco riaprirsi un varco, ancora una volta, come la prima, nel centro storico di Lecce, a due passi da Porta San Biagio, virando dentro uno di quei vicoletti paralleli alla movida che in queste settimane di frenesia festiva ha travolto la città con mille luci. Ora che tutto è tornato alla quiete delle domeniche d’inverno dopo gli sfarzi, ora che c’è bisogno di un tempo contemplativo, di una diaristica dei luoghi in grado di riammagliare i nostri stati interiori, le nostre molte età, eccole tutte le “acchiature” che si lasciano ritrovare affinché possiamo ritrovarci come la parete affrescata visibile solo attraverso un’abile teoria di specchi in giustapposizione e che ti danno il benvenuto non appena varchi la soglia di questa magia. A colpirmi è sempre la sorpresa cristallizzata in questo scrigno: doveva diventare una locanda, poteva diventare una dimora, ma durante i restauri venne a galla un’inalienabile passato. Questo edificio privato aperto al pubblico dal 2008 e che raccoglie al suo interno testimonianze storico-archeologiche che intrecciano oltre 2000 anni, mi conquista e non a caso la sua vicenda ha fatto il giro del mondo. Ed è questa la morale della favola ad inizio 2023, il fatto che ci sia qualcuno come Luciano Faggiano in questo vecchio pianeta, qualcuno che ancora può essere considerato un romantico, qualcuno che non si volta dall’altra parte e continua a scavare e per di più a condividere un tesoro. C’erano molti turisti mentre mi aggiravo in visita sui molti livelli del Museo Faggiano, con le sue cisterne e le sue segrete e vie di fuga, i suoi antri funerari, le sue sale dei grammofoni e dei plastici che ricostruiscono un altro ritrovamento, quello della Grotta dei Cervi a Badisco, con le fotografie degli speleologi. Questo senso del bene comune si respira a ogni passo mentre scorrono davanti agli occhi piccoli oggetti, segni di molte età che il capoluogo salentino ha vissuto e che giungono a noi con il loro carico di storie inesauribili. A Indiana Jones piacerebbe e, scherzi a parte, senza essere aspiranti archeologi o collezionisti di rarità, c’è qualcosa in questo museo cittadino che ci riguarda più da vicino in questo futuro che viviamo. Si tratta del fatto che ogni epoca dialoga con la precedente e la successiva come i brani di un disco che puoi ascoltare seguendo un filo conduttore. E quel filo dice chi siamo.