Punti di vista
Il fascino maestoso delle «pagghiare»
Sono veri e propri monumenti della tradizione rurale
Erette dai contadini meridionali sin dal Medioevo per dotarsi di un riparo nelle roventi estati di lavoro nei campi, le «pagghiare» (o pajare) sono veri e propri monumenti della tradizione rurale: costruzioni semplici ma maestose che ancora oggi si stagliano in quantità nel bel mezzo delle pianure pugliesi rappresentando all’un tempo la plastica testimonianza delle nostre indissolubili origini contadine ma anche il monito alla tragica catalessi in cui riusciamo a ridurre le risorse della madre terra.
Erano costruzioni trulliformi a base rettangolare o circolare, in quest’ultimo caso vantano però spesse mura perimetrali disposte ad anelli concentrici che, sovrapposti, formavano degli ampi gradoni. Nell’interno la copertura era chiusa da una volta a cupola sì che detta tecnica può essere considerata l’antesignana di quella moderna delle tipiche volte in pietra leccese, oggi vanto architettonico di molta Puglia turistica.
Le pagghiare presentavano di norma un’unica camera senza finestre verso l’esterno. Venivano considerate come le dimore più consone per la vita di campagna, in grado com’erano, grazie allo spessore delle «muraje», di far fronte ai perigli climatici caratteristici delle nostre latitudini: da quelli degli inverni relativamente rigidi a quelli delle estati inevitabilmente cocenti e afose. Questo perché tra il pietrame minuto utilizzato per colmare l’intercapedine dei sassi perimetrali andava a formarsi una camera d’aria che risultava un ottimo coibente della temperatura esterna. In estate, la famiglia del contadino si trasferiva in campagna per raccogliere, tagliare, essiccare e cuocere i fichi. Al trasloco concorreva tutta la famiglia, anche se le masserizie da trasferire erano scarne: i cavalletti in legno per il letto, un tavolo, un treppiede per cucinare, un tegame in rame stagnato e pochi piatti di terraglia. All’interno del rintano trovavano posto i recipienti per l’acqua, mentre l’illuminazione era ottenuta mediante lucerne ad olio. Ma la pagghiara al suo interno conteneva le temperature rendendo l’ambiente mite nei mesi freddi e fresco durante la stagione estiva. Inoltre la sua struttura era resistente ai movimenti tellurici giacché la passività della sua compagine muraria assorbiva, in parte, le vibrazioni del terreno senza dar luogo a crolli e cedimenti.
Oggi vestigia di pagghiare s’incontrano per caso durante brevi escursioni distratte o sessioni forastiche di jogging, tra ulivi fiaccati dalla Xylella e poderi lasciati marcire per mancanza di manodopera, e nella loro monumentale e diruta eternità sembrano trattenere un rimprovero silente verso chi non ha saputo far tesoro della grandezza atavica che questa terra sembra portarsi appresso come una quaresima.