In Puglia e Basilicata
VEZZI LOCALI
Un ordinario sabato mattina in via Pretoria a Potenza
24 Luglio 2022
Gaetano Cappelli
Trattatello socio-estetico-antropologico sulle modalità del saluto in Via Pretoria - nº2
Dunque, in questo trattatello sto descrivendo, per vostro e mio diletto, le diverse modalità del saluto in via Pretoria e la volta scorsa, senza che nessuno potesse immaginare la sciagura delle dimissioni di Draghi e la susseguente chiamata alle urne, eravamo arrivati, guarda caso, proprio al saluto del candidato prima delle elezioni! Il saluto del politico. Ne esistono tre tipi: quello fastidiosamente affettuoso, divenuto proverbiale come vasa vasa grazie al suo massimo interprete Totò Cuffaro, poi condannato per reati di mafia. Il secondo è quello impettito, sussiegoso, a naso teso, di chi neanche è diventato consigliere o deputato e già se la tira e tu pensi povero illuso, col cacchio che te lo do il voto! Il terzo è del tizio che saluta solo prima che si candidi e, naturalmente, non viene mai eletto; come potrebbe visto che è cafone già quando non è un nessuno, figuriamoci dopo.
Il saluto incerto. È di chi ti vede da lontano. Te ne accorgi da un quasi impercettibile movimento del globo oculare. Un lampo chiaro che squarcia la cupezza del suo viso. Ma poi fissa il vuoto incrociandoti. Aspetta magnanimo che tu gli renda omaggio. Non farà mai il primo passo. A casa poi si lamenterà con la moglie e i parenti tutti: ma com’è che nessuno mi saluta. Già, com’è? Il saluto quotidiano. Te lo propina l’habitué di via Pretoria, quello che può crollare il mondo, come crollò col terremoto, ma lui, come allora, è sempre, e dico sempre, lì. Conoscerne uno, di questi passeggiatori appassionati, è una tale sciagura: ogni volta che ci metterai piede, in via Pretoria, eccotelo infatti pronto a dare e ricevere il saluto. Quindi attenzione alle presentazioni. A me capita di dover salutare ogni giorno ormai da vent’anni persone che mi furono presentate casualmente da un amico e di cui ignoro perfino il nome. Ma vabbene! È un segno. Che siamo vivi, dico.
Il saluto nostalgico. Oh, ma non ci vediamo più non ci vediamo. Oh, ma ci dobbiamo vedé ci dobbiamo. Oh, dobbiamo mangià assieme dobbiamo. Oh, ma perché non mi inviti magari a casa tua, dopo tutte le volte che t’ho invitato io da me – così finalmente ci rivediamo. Semplice, no? Il saluto funereo: è una sotto classe del saluto nostalgico. Di solito si apre con oh, da quando non ci vediamo! Oh, ma te lo ricordi Vituccio. Sì, me lo ricordo Vituccio, rispondi tu già ben sapendo cosa ti attende. Ah, te lo ricordi Vituccio, sì? Sì, me lo ricordo Vituccio, sì. Beh, è morto! A Fra’ e me l’hai già detto cinque volte in cinque anni che Vituccio è morto! Una prece per Vituccio e arriverderci all’ultima puntata.
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