Alberobello, il Comune vuole essere coinvolto nel futuro della «casa rossa»
di DOMENICO GILIBERTI
ALBEROBELLO - La “Casa Rossa”, uno dei più importanti baluardi che hanno fatto la storia della città da venerdì scorso non è più un bene pubblico. Ma il Comune non vuole restare fuori e vuole dire la sua sul futuro dell’edificio. Come è noto è stata aggiudicata l’asta per la vendita di questo grande quanto prezioso immobile che per tutto il periodo della seconda guerra mondiale è stata destinata a campo di concentramento.
L’edificio è stato rilevato dalla società consortile recupero patrimonio artistico e rurale «Reparter srl», congiuntamente ad altre sei società partecipanti ed a altre sei di prossima adesione. Presidente della società aggiudicataria è Mario Adda che con il padre Giacomo ed il fratello Alessandro costituiscono il nucleo portante della casa editrice barese Mario Adda.
Il complesso è stato aggiudicato per un milione e 200mila euro. Sull’epilogo della vicenda è intervenuto il sindaco Bruno De Luca, il quale ha espresso la soddisfazione dell’amministrazione comunale per l’esito che «ha posto fine ad una annosa vicenda che si protraeva da qualche lustro. Finalmente il campo di concentramento di Alberobello - prosegue - dopo tante peripezie è stato venduto all’asta. Abbiamo già contattato l’Ati, vincitrice dell’asta, per fissare un incontro al fine di valutare congiuntamente gli interventi e, anche nel rispetto delle direttive del consiglio comunale, le iniziative necessarie per recuperare e valorizzare l’unica struttura che in Puglia ricorda il fenomeno storico dell’internamento degli Ebrei a seguito delle famigerate leggi razziali».
«Con la vendita della casa rossa - ha commentato il consigliere Vito Ricci, capogruppo della lista Ricci - viene meno un pezzo di storia del nostro Comune. E’ certo che il compito di tutelare la storia alberobellese non può essere solo affidata ad un gruppo di imprenditori. Rivendico, pertanto, con forza il ruolo che l’intero consiglio comunale dovrà svolgere nel valorizzare l’aspetto culturale e storico della Casa Rossa ex campo di concentramento».
«Mi sento rammaricato della fine ingloriosa della casa rossa e di tutta la fondazione Gigante - afferma Francesco Tauro, capogruppo del Pdl in Consiglio - Gli amministratori che si sono succeduti nella gestione hanno fallito, dilapidando un bene inestimabile che durante il periodo fascista aveva fatto la storia della città Non vi è stata mai la volontà pubblica di voler veramente valorizzare quel bene. La speranza che ci resta è quella che il vincolo posto dall’amministra - zione comunale sia rispettato e che non cancelli definitivamente la memoria storica della “casa rossa”».
Dal giugno del 1940 al settembre del 1943 l’edificio fu requisito e destinato a luogo di rifugio per circa duecento internati: inglesi, ebrei tedeschi ed ex polacchi, ebrei italiani, anarchici e antifascisti. Prevalentemente si trattava di professionisti: medici, ingegneri, architetti, pittori, musicisti, scrittori, giornalisti. Quegli anni sono ancora vivi nella memoria di molti cittadini che ebbero occasione di avere contatti con gli internati, molti dei quali hanno lasciato il segno del loro passaggio dalla «casa rossa» e da Alberobello.
ALBEROBELLO - La “Casa Rossa”, uno dei più importanti baluardi che hanno fatto la storia della città da venerdì scorso non è più un bene pubblico. Ma il Comune non vuole restare fuori e vuole dire la sua sul futuro dell’edificio. Come è noto è stata aggiudicata l’asta per la vendita di questo grande quanto prezioso immobile che per tutto il periodo della seconda guerra mondiale è stata destinata a campo di concentramento.
L’edificio è stato rilevato dalla società consortile recupero patrimonio artistico e rurale «Reparter srl», congiuntamente ad altre sei società partecipanti ed a altre sei di prossima adesione. Presidente della società aggiudicataria è Mario Adda che con il padre Giacomo ed il fratello Alessandro costituiscono il nucleo portante della casa editrice barese Mario Adda.
Il complesso è stato aggiudicato per un milione e 200mila euro. Sull’epilogo della vicenda è intervenuto il sindaco Bruno De Luca, il quale ha espresso la soddisfazione dell’amministrazione comunale per l’esito che «ha posto fine ad una annosa vicenda che si protraeva da qualche lustro. Finalmente il campo di concentramento di Alberobello - prosegue - dopo tante peripezie è stato venduto all’asta. Abbiamo già contattato l’Ati, vincitrice dell’asta, per fissare un incontro al fine di valutare congiuntamente gli interventi e, anche nel rispetto delle direttive del consiglio comunale, le iniziative necessarie per recuperare e valorizzare l’unica struttura che in Puglia ricorda il fenomeno storico dell’internamento degli Ebrei a seguito delle famigerate leggi razziali».
«Con la vendita della casa rossa - ha commentato il consigliere Vito Ricci, capogruppo della lista Ricci - viene meno un pezzo di storia del nostro Comune. E’ certo che il compito di tutelare la storia alberobellese non può essere solo affidata ad un gruppo di imprenditori. Rivendico, pertanto, con forza il ruolo che l’intero consiglio comunale dovrà svolgere nel valorizzare l’aspetto culturale e storico della Casa Rossa ex campo di concentramento».
«Mi sento rammaricato della fine ingloriosa della casa rossa e di tutta la fondazione Gigante - afferma Francesco Tauro, capogruppo del Pdl in Consiglio - Gli amministratori che si sono succeduti nella gestione hanno fallito, dilapidando un bene inestimabile che durante il periodo fascista aveva fatto la storia della città Non vi è stata mai la volontà pubblica di voler veramente valorizzare quel bene. La speranza che ci resta è quella che il vincolo posto dall’amministra - zione comunale sia rispettato e che non cancelli definitivamente la memoria storica della “casa rossa”».
Dal giugno del 1940 al settembre del 1943 l’edificio fu requisito e destinato a luogo di rifugio per circa duecento internati: inglesi, ebrei tedeschi ed ex polacchi, ebrei italiani, anarchici e antifascisti. Prevalentemente si trattava di professionisti: medici, ingegneri, architetti, pittori, musicisti, scrittori, giornalisti. Quegli anni sono ancora vivi nella memoria di molti cittadini che ebbero occasione di avere contatti con gli internati, molti dei quali hanno lasciato il segno del loro passaggio dalla «casa rossa» e da Alberobello.