Associazioni Taranto: dall'Ilva anche pericolo radioattività
TARANTO - Sono radioattive le emissioni dell’Ilva? L’allarme giunge da tre associazioni tarantine, Peacelink, il Comitato per Taranto e l’Ail, l’associazione italiana contro le leucemie. «Da scrupolose ricerche scientifiche condotte nel Regno Unito – scrivono Alessandro Marescotti, Lea Cifarelli e Paola D’Andria in una lettera aperta al ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e al presidente della Regione Nichi Vendola - emerge che dai “camini della diossina” può fuoriuscire anche radioattività. Ne sarebbe responsabile il processo di sinterizzazione in un impianto di agglomerazione. Il minerale di ferro trattato nell'impianto di agglomerazione contiene infatti tracce di uranio. Data l'enorme quantità di minerale di ferro trattata, l'uranio complessivo che entra in un impianto di agglomerazione acquisisce una significativa consistenza complessiva, tale da rilasciare isotopi radioattivi derivanti dal processo di sinterizzazione».
La notizia giunge dall’Inghilterra. Nelle acciaierie del Regno Unito è stato verificato che dai camini della diossina può uscire una significativa quantità di Piombo 210 e Polonio 210, isotopi radioattivi derivanti dal decadimento dell'Uranio 238. Attorno agli impianti di agglomerazione britannici le misurazioni della radioattività hanno dato valori superiori alla soglia di rilevanza.
«Gli impianti britannici di agglomerazione – si legge nella lettera alla Prestigiacomo e a Vendola - apparterrebbero alla stessa categoria (“sinter plant") in cui rientra anche l'impianto di agglomerazione dell'Ilva di Taranto. Il governo britannico è dovuto intervenire nell'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) del 2002 con prescrizioni per ridurre al minimo le emissioni di radioattività. Il governo britannico si è preoccupato della salute dei cittadini sia per la diossina sia per la radioattività prescrivendo limiti che in Italia non sono mai entrati in vigore. Limiti che, per la radioattività, devono essere ancora verificati con rigorose misurazioni scientifiche.
Vi chiediamo pertanto di indagare per verificare a Taranto l'eventuale presenza di Piombo 210 e Polonio 210 nell'ambiente. Controllate che anche a Taranto non vi sia questo pericolo radioattivo applicando il Principio di Precauzione che interviene quando in campo scientifico emerge un ragionevole dubbio. Vi chiediamo di attivare quei controlli che il governo britannico ha adottato precauzionalmente a tutela della salute dei suoi cittadini. Nel caso sia riscontrata la presenza di radioattività nell'ambiente sarà vostro compito prescrivere la migliore tecnologia per le riduzione delle polveri».
Secondo i firmatari della lettera aperta «la sola aggiunta dell'urea per ridurre la diossina non abbatte le polveri dell'impianto di agglomerazione. Nell'ipotesi che le polveri dell'agglomerato fossero contaminate da Piombo 210 e Polonio 210, l'aggiunta di urea non ridurrebbe l'impatto sulla città di tali "polveri radioattive" in quanto il loro ammontare totale rimarrebbe invariato: Piombo 210 e Polonio 210 sono infatti veicolati dalle polveri. Esistono oggi tecnologie capaci di tagliare di un decimo le emissioni di polveri dall'impianto di agglomerazione, di ridurre fino al 98% le emissioni di diossine e furani e di tagliare fino al 95% i metalli pesanti scaricati nell'atmosfera. Tali tecnologie agirebbero anche sulle eventuali emissioni di radioattività. Perché non applicarle subito anche in Italia?». Marcello Cometti
La notizia giunge dall’Inghilterra. Nelle acciaierie del Regno Unito è stato verificato che dai camini della diossina può uscire una significativa quantità di Piombo 210 e Polonio 210, isotopi radioattivi derivanti dal decadimento dell'Uranio 238. Attorno agli impianti di agglomerazione britannici le misurazioni della radioattività hanno dato valori superiori alla soglia di rilevanza.
«Gli impianti britannici di agglomerazione – si legge nella lettera alla Prestigiacomo e a Vendola - apparterrebbero alla stessa categoria (“sinter plant") in cui rientra anche l'impianto di agglomerazione dell'Ilva di Taranto. Il governo britannico è dovuto intervenire nell'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) del 2002 con prescrizioni per ridurre al minimo le emissioni di radioattività. Il governo britannico si è preoccupato della salute dei cittadini sia per la diossina sia per la radioattività prescrivendo limiti che in Italia non sono mai entrati in vigore. Limiti che, per la radioattività, devono essere ancora verificati con rigorose misurazioni scientifiche.
Vi chiediamo pertanto di indagare per verificare a Taranto l'eventuale presenza di Piombo 210 e Polonio 210 nell'ambiente. Controllate che anche a Taranto non vi sia questo pericolo radioattivo applicando il Principio di Precauzione che interviene quando in campo scientifico emerge un ragionevole dubbio. Vi chiediamo di attivare quei controlli che il governo britannico ha adottato precauzionalmente a tutela della salute dei suoi cittadini. Nel caso sia riscontrata la presenza di radioattività nell'ambiente sarà vostro compito prescrivere la migliore tecnologia per le riduzione delle polveri».
Secondo i firmatari della lettera aperta «la sola aggiunta dell'urea per ridurre la diossina non abbatte le polveri dell'impianto di agglomerazione. Nell'ipotesi che le polveri dell'agglomerato fossero contaminate da Piombo 210 e Polonio 210, l'aggiunta di urea non ridurrebbe l'impatto sulla città di tali "polveri radioattive" in quanto il loro ammontare totale rimarrebbe invariato: Piombo 210 e Polonio 210 sono infatti veicolati dalle polveri. Esistono oggi tecnologie capaci di tagliare di un decimo le emissioni di polveri dall'impianto di agglomerazione, di ridurre fino al 98% le emissioni di diossine e furani e di tagliare fino al 95% i metalli pesanti scaricati nell'atmosfera. Tali tecnologie agirebbero anche sulle eventuali emissioni di radioattività. Perché non applicarle subito anche in Italia?». Marcello Cometti