A Fasano il venerdì santo la focaccia ripiena di cipolle
di TOMMASO VETRUGNO
La Settimana santa entra nel vivo e nel giorno dedicato al digiuno nel Fasanese si rinnova un’antica tradizione: il pranzo a base di «ficazz chiàne de cepodde», per dirla in vernacolo. Una tradizione che fonda le proprie radici proprio nei riti funebri che contornano il lutto per la perdita di un caro. Secondo i racconti tramandati di generazione in generazione c’era l’usanza di portare ai parenti colpiti dal lutto la focaccia piena, questo pasto fugace, ma allo stesso tempo sostanzioso per affrontare il periodo di passione tipico del momento. Di qui la tradizione di trascorrere il giorno in cui viene ricordata la morte di Gesù con gli stessi riti della passione popolare per un lutto familiare. Un’antica tradizione gastronomica che per un giorno vede al centro delle pietanze di ogni famiglia la «ficazz chiàne de cepodde».
Ai riti tradizionali vanno aggiunti, quindi, gli immancabili odori e sapori tipici della giornata del venerdì santo. Con il digiuno imposto dalla Chiesa cattolica arriva il momento della focaccia piena che da sempre è il pasto tipico dei fasanesi nella giornata della passione. Una tradizione che si concretizza già nei giorni precedenti il venerdì santo con le donne che rispettano il rito preparando la focaccia. Non una semplice focaccia di pasta e pomodoro, ma una speciale, quella farcita con cipolle. La tradizione vuole che si prepari nelle proprie abitazioni, ma con il passate degli anni ci si affida direttamente ai forni che per la giornata moltiplicano all’ennesima potenza la produzione della gustosa, ma povera pietanza che al centro mette la cipolla.
Secondo i custodi della tradizione locale la focaccia “chiàne de cepodde” ha tutto un particolare rito di preparazione che non si può consumare in poche ore. Si parte con il preparare la cipolla, quella bianca o rossa o meglio gli “sponsali”, dopo averla lavata, affettata finemente e scolata. Si soffrigge insieme a pomodori pelati, un po’ di salsa, olive snocciolate e intere, facendo cuocere il tutto a fuoco lento. Si genera un odore di soffritto che si diffonde in particolare per le straduzze del centro storico già dalle prime ore del giorno, insinuandosi nelle narici e risvegliando vecchi ricordi e nuove emozioni.
Le brave massaie, sin dalle prime ore del venerdì santo sono all’opera impastando con la forza delle braccia farina, patate lessate, acqua tiepida e lievito di birra sui tavolieri di legno. Quando l’impasto è lievitato ed il ripieno è pronto, non resta che tirare fuori dalla credenza la teglia grande, cospargerla di olio e stendervi la pasta.
Poi arriva il momento di versare il soffritto di cipolla, ricoprendola tutta e passando all’opera delle dita si “saldano” i bordi della focaccia. Nelle prime ore del mattino i forni sono meta preferita di tutti per ordinare il giusto quantitativo per la propria famiglia. Tutto questo è il particolare rito fasanese della «ficazz chiàne de cepodde» del Venerdì santo.
La Settimana santa entra nel vivo e nel giorno dedicato al digiuno nel Fasanese si rinnova un’antica tradizione: il pranzo a base di «ficazz chiàne de cepodde», per dirla in vernacolo. Una tradizione che fonda le proprie radici proprio nei riti funebri che contornano il lutto per la perdita di un caro. Secondo i racconti tramandati di generazione in generazione c’era l’usanza di portare ai parenti colpiti dal lutto la focaccia piena, questo pasto fugace, ma allo stesso tempo sostanzioso per affrontare il periodo di passione tipico del momento. Di qui la tradizione di trascorrere il giorno in cui viene ricordata la morte di Gesù con gli stessi riti della passione popolare per un lutto familiare. Un’antica tradizione gastronomica che per un giorno vede al centro delle pietanze di ogni famiglia la «ficazz chiàne de cepodde».
Ai riti tradizionali vanno aggiunti, quindi, gli immancabili odori e sapori tipici della giornata del venerdì santo. Con il digiuno imposto dalla Chiesa cattolica arriva il momento della focaccia piena che da sempre è il pasto tipico dei fasanesi nella giornata della passione. Una tradizione che si concretizza già nei giorni precedenti il venerdì santo con le donne che rispettano il rito preparando la focaccia. Non una semplice focaccia di pasta e pomodoro, ma una speciale, quella farcita con cipolle. La tradizione vuole che si prepari nelle proprie abitazioni, ma con il passate degli anni ci si affida direttamente ai forni che per la giornata moltiplicano all’ennesima potenza la produzione della gustosa, ma povera pietanza che al centro mette la cipolla.
Secondo i custodi della tradizione locale la focaccia “chiàne de cepodde” ha tutto un particolare rito di preparazione che non si può consumare in poche ore. Si parte con il preparare la cipolla, quella bianca o rossa o meglio gli “sponsali”, dopo averla lavata, affettata finemente e scolata. Si soffrigge insieme a pomodori pelati, un po’ di salsa, olive snocciolate e intere, facendo cuocere il tutto a fuoco lento. Si genera un odore di soffritto che si diffonde in particolare per le straduzze del centro storico già dalle prime ore del giorno, insinuandosi nelle narici e risvegliando vecchi ricordi e nuove emozioni.
Le brave massaie, sin dalle prime ore del venerdì santo sono all’opera impastando con la forza delle braccia farina, patate lessate, acqua tiepida e lievito di birra sui tavolieri di legno. Quando l’impasto è lievitato ed il ripieno è pronto, non resta che tirare fuori dalla credenza la teglia grande, cospargerla di olio e stendervi la pasta.
Poi arriva il momento di versare il soffritto di cipolla, ricoprendola tutta e passando all’opera delle dita si “saldano” i bordi della focaccia. Nelle prime ore del mattino i forni sono meta preferita di tutti per ordinare il giusto quantitativo per la propria famiglia. Tutto questo è il particolare rito fasanese della «ficazz chiàne de cepodde» del Venerdì santo.