«Sarah, anche Cosima ha movente personale del delitto»
TARANTO – Cosima Serrano ha maturato nel tempo una serie di "rancori famigliari" sfociati in "un 'autonomò risentimento" nei confronti della nipote Sarah Scazzi, e il tutto ha creato "un personale movente della donna" che ha portato a contribuire all’uccisione della quindicenne, insieme alla figlia Sabrina Misseri.
E’ la convinzione maturata dalla Corte di Assise di Taranto ed espressa, nero su bianco, nelle motivazioni della sentenza con la quale il 20 aprile 2013 i giudici hanno condannato all’ergastolo Cosima e Sabrina, e a pene variabili tra un anno e otto anni di reclusione altri sette imputati di vari reati.
La Corte ribadisce ancora una volta che quello del 26 agosto 2010 ad Avetrana (Taranto) fu un delitto di impeto. Per i giudici "la reazione omicida della Serrano non è premeditata, come non lo è da parte di Sabrina Misseri. Sarah è ricondotta a casa Misseri non già con il fine di ucciderla, ma per calmarla e convincerla al silenzio".
Spiegazioni che riportano alle fasi precedenti al delitto, quelle del 'sequestrò in auto di Sarah che – scrivono i giudici – si era allontanata da casa Misseri dopo una violenta discussione.
L'iniziativa, sostiene la Corte di Assise, di 'sequestrarè Sarah, costringendola a salire a bordo della sua auto, è "sicuramente ascrivibile" a Cosima Serrano. Fu quest’ultima "con la sua 'autorita” di zia, e non già Sabrina Misseri, a intimare a Sarah di salire a bordo dell’auto".
Cosima, nella fase antecedente all’omicidio, è stata presente con il ruolo di "indiscussa protagonista", caratterizzata da "una condotta violenta e/o minacciosa volta a privare Sarah Scazzi della sua libertà personale". Tutto questo, per la Corte, "esclude, dal punto di vista logico, che, una volta avvenuta la forzata riconduzione della nipote in casa Misseri, la Serrano si potesse disinteressare della 'questionè". Ovvero, non è possibile che Cosima lasciasse "Sarah da sola con Sabrina mettendosi tranquillamente nel letto a riposare".
I giudici sono convinti anche del ruolo decisivo che Cosima avrebbe avuto, insieme alla figlia Sabrina, nell’uccisione di Sarah, scrivendo che non ci sono "spiegazioni alternative" rispetto a quelle della partecipazione alla commissione del delitto. Anche per la Corte non sono noti i precisi contorni della discussione in casa Misseri che avrebbe preceduto il delitto "e neppure è indispensabile accertarli – aggiunge – ai fini del giudizio di responsabilità, una volta che si disponga di punti fermi e probatoriamente verificati".
"Punti fermi" che vedono Sabrina e Cosima "insieme a Sarah pochi minuti prima della sua morte (in occasione del sequestro) ed evidenziano i comportamenti susseguenti alla sua fine in termini che - scrivono i giudici – non consentono spiegazioni alternative rispetto a quelle della partecipazione al grave fatto delittuoso".
Per i difensori di Cosima, così come per quelli di Sabrina e degli altri imputati condannati in primo grado, ora è iniziata una corsa contro il tempo per ricorrere in appello contro la decisione della Corte di Assise. I legali hanno 45 giorni di tempo dal momento della notifica delle motivazioni, ma ad incombere c'è anche un’altra data. E’ quella del 20 ottobre prossimo, quando scadranno i termini di custodia cautelare per Sabrina (in carcere dal 15 ottobre 2010) e per Cosima (arrestata il 26 maggio 2011 e che con la figlia condivide una cella nella casa circondariale di Taranto).
E il giudizio di appello, per un processo più che mai indiziario come quello per il delitto di Avetrana, non potrà certo consumarsi in poche battute.
E’ la convinzione maturata dalla Corte di Assise di Taranto ed espressa, nero su bianco, nelle motivazioni della sentenza con la quale il 20 aprile 2013 i giudici hanno condannato all’ergastolo Cosima e Sabrina, e a pene variabili tra un anno e otto anni di reclusione altri sette imputati di vari reati.
La Corte ribadisce ancora una volta che quello del 26 agosto 2010 ad Avetrana (Taranto) fu un delitto di impeto. Per i giudici "la reazione omicida della Serrano non è premeditata, come non lo è da parte di Sabrina Misseri. Sarah è ricondotta a casa Misseri non già con il fine di ucciderla, ma per calmarla e convincerla al silenzio".
Spiegazioni che riportano alle fasi precedenti al delitto, quelle del 'sequestrò in auto di Sarah che – scrivono i giudici – si era allontanata da casa Misseri dopo una violenta discussione.
L'iniziativa, sostiene la Corte di Assise, di 'sequestrarè Sarah, costringendola a salire a bordo della sua auto, è "sicuramente ascrivibile" a Cosima Serrano. Fu quest’ultima "con la sua 'autorita” di zia, e non già Sabrina Misseri, a intimare a Sarah di salire a bordo dell’auto".
Cosima, nella fase antecedente all’omicidio, è stata presente con il ruolo di "indiscussa protagonista", caratterizzata da "una condotta violenta e/o minacciosa volta a privare Sarah Scazzi della sua libertà personale". Tutto questo, per la Corte, "esclude, dal punto di vista logico, che, una volta avvenuta la forzata riconduzione della nipote in casa Misseri, la Serrano si potesse disinteressare della 'questionè". Ovvero, non è possibile che Cosima lasciasse "Sarah da sola con Sabrina mettendosi tranquillamente nel letto a riposare".
I giudici sono convinti anche del ruolo decisivo che Cosima avrebbe avuto, insieme alla figlia Sabrina, nell’uccisione di Sarah, scrivendo che non ci sono "spiegazioni alternative" rispetto a quelle della partecipazione alla commissione del delitto. Anche per la Corte non sono noti i precisi contorni della discussione in casa Misseri che avrebbe preceduto il delitto "e neppure è indispensabile accertarli – aggiunge – ai fini del giudizio di responsabilità, una volta che si disponga di punti fermi e probatoriamente verificati".
"Punti fermi" che vedono Sabrina e Cosima "insieme a Sarah pochi minuti prima della sua morte (in occasione del sequestro) ed evidenziano i comportamenti susseguenti alla sua fine in termini che - scrivono i giudici – non consentono spiegazioni alternative rispetto a quelle della partecipazione al grave fatto delittuoso".
Per i difensori di Cosima, così come per quelli di Sabrina e degli altri imputati condannati in primo grado, ora è iniziata una corsa contro il tempo per ricorrere in appello contro la decisione della Corte di Assise. I legali hanno 45 giorni di tempo dal momento della notifica delle motivazioni, ma ad incombere c'è anche un’altra data. E’ quella del 20 ottobre prossimo, quando scadranno i termini di custodia cautelare per Sabrina (in carcere dal 15 ottobre 2010) e per Cosima (arrestata il 26 maggio 2011 e che con la figlia condivide una cella nella casa circondariale di Taranto).
E il giudizio di appello, per un processo più che mai indiziario come quello per il delitto di Avetrana, non potrà certo consumarsi in poche battute.