Mafia ed «amicizie» Bufera su Altamura e il sindaco tace
dal nostro inviato STEFANO BOCCARDI
ALTAMURA - «L’amministrazione comunale conferma piena fiducia nell’operato della magistratura, mantenendo comunque alta l’attenzione sugli sviluppi dell’indagine, al fine di potere tempestivamente tutelare i propri diritti». Quando sono quasi le sette della sera e sono trascorse ben più di ventiquattro ore dagli ennesimi arresti eccellenti che hanno sconquassato mezza città; quando già da ore più esponenti delle opposizioni (i parlamentari Dario Ginefra del Pd e Pierfelice Zazzera dell’Idv e il consigliere regione Michele Ventricelli di Sel) e tutto il fronte dei partiti di centrosinistra hanno chiesto le dimissioni del sindaco e lo scioglimento del consiglio comunale, ecco che dall’indirizzo di posta elettronica del primo cittadino di Altamura, Mario Stacca (Udc, medico, da oltre sei anni a capo di un’amministrazione di centrodestra), arriva sui computer di giornali, siti internet e tivvù locali un laconico e striminzito comunicato stampa.
Solo quattro righe quattro: quanto basta, a parer suo, per dare un segno di vita al termine di una giornata in cui ha fatto di tutto e di più per tenersi deliberatamente a distanza da microfoni e taccuini. Eppure, quelli fatti pervenire martedì dagli uffici della Procura antimafia di Bari (in un’inchiesta tutta incentrata sul ruolo di intermediazione politico-affaristico-mafiosa svolto sino ad un anno fa, prima che lo ammazzassero, dal boss locale Bartolo Dambrosio) non sono proprio messaggi indolore per una amministrazione di centrodestra che già in passato era finita nell’occhio del ciclone.
E non solo e non tanto perché tra gli indagati (la Procura ne aveva persino chiesto l’arresto) c’è quel Vito Zaccaria (36 anni, avvocato, co-coordinatore cittadino del Pdl) che sino a sei mesi fa (e per tutti i sei anni precedenti) ha ricoperto cariche amministrative importanti (assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici) e tuttora si trova a capo di «Murgia Sviluppo» (un consorzio di ben 14 Comuni, tra i quali la stessa Altamura).
Lo scenario che viene evidenziato nelle oltre 200 pagine dell’ordinanza è chiarissimo. Il boss Bartolo Dambrosio, finché è stato in vita (lo hanno ammazzato il 6 settembre dell’anno scorso) avrebbe svolto un ruolo tutt’altro che marginale nei rapporti tra l’amministrazione comunale e svariati pezzi della città. Sia chiaro, né la Procura né il gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare per 3 dei 14 indagati ritengono che il sindaco Stacca e l’intera amministrazione facciano parte del presunto sodalizio affaristico-mafioso ruotante intorno al boss Dambrosio.
Ma il fatto stesso che in questa indagine si sia arrivati a chiedere e in un caso ad ottenere l’arresto (ai domiciliari) di due sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri, dà la misura di quanto elevata sia la volontà della magistratura di affondare le mani nei gangli più misteriosi di questa città. E che ve ne sia un disperato e impellente bisogno, è confermato da un clima sempre più irrespirabile soprattutto all’interno di quella che sulla carta dovrebbe essere la casa comune, ovvero il Municipio. È qui, ad esempio, che intorno a mezzogiorno chi scrive è costretto a registrare uno scenario inquietante.
Sì, perché nel giorno in cui Altamura torna alla ribalta della cronaca per fatti di mafia, si scopre che i giornalisti non possono entrare a Palazzo. E ad annunciarlo non è un dirigente o un funzionario. All’ingresso, a dare ordini, con tanto di divisa che fa potente, c’è una guarda giurata. E così quando le si chiede di parlare con il sindaco, si scopre che «oggi è impegnato e non parla con i giornalisti». E quando si prova a ribattere che a dirlo forse dovrebbe essere la segretaria del sindaco o il suo portavoce, questo ragazzone armato non sa fare di meglio che chiamare il suddetto portavoce e, di fatto, ordinargli di scendere. Tutto senza indugiare per un attimo. Come se fosse tutto normale. regolare. E così, per assistere al miracolo di far salire i giornalisti al primo piano dove si trova la stanza del sindaco Stacca (impegnato in non si sa bene quali faccende), c’è bisogno di chiamare i Carabinieri. Ma lui, il sindaco, «è appena andato via», come riferiscono alcuni consiglieri comunali, o comunque «non c’è», come fa sapere la sua segretaria. E non c’è nemmeno due ore dopo. E nemmeno sino a sera. Il sindaco, come si diceva, non va oltre le quattro righe quattro di un comunicato stampa, dal quale, peraltro, traspare una velata minaccia nei confronti di chi potrebbe attentare ai «diritti» dell’amministrazione comunale.
Sia chiaro, anche questo è legittimo, soprattutto se si tiene conto - e lo abbiamo già sottolineato - che né il sindaco né uno solo dei suoi assessori attuali è indagato di alcunché. Ma in questa giornata particolare, forse non è un caso che, nel Palazzo, a parlare, a non sottrarsi ai taccuini, sia quello che negli ultimi anni è stato da più parti indicato come il «vero sindaco» di Altamura. «Si fa presto a parlare di mafia e di scenario mafioso o di contiguità della politica, ma ho l’impressione che si stia esagerando», dice Pasquale Lomurno, democristiano da sempre, sulla scena da 35 anni, sino a pochi mesi fa capo di gabinetto del sindaco.
«Questa - aggiunge - è una città che si sta impoverendo. Qui ogni giorno c’è qualcuno che minaccia di impiccarsi. C’è una grandissima pressione. E qualche volta le minacce arrivano anche dagli ex detenuti come quel Regina che si è rivolto a Dambrosio e al sindaco per ottenere un lavoro. Ma dov’è la contiguità? Qui è materia di ogni giorno avere a che fare con queste richieste». Lomurno assolve ancor prima del processo anche il maresciallo Nicola Logiudice, comandante della stazione dei carabinieri, da martedì agli arresti domiciliari, accusato di aver favorito la non sorveglianza del boss Bartolo Dambrosio. «Mi hanno riferito - dice Lomurno - che due anni fa fu proprio Logiudice ad arrestarlo in spiaggia a San Basilio nel Metapontino». E questa, se confermata, sarebbe una notizia.
ALTAMURA - «L’amministrazione comunale conferma piena fiducia nell’operato della magistratura, mantenendo comunque alta l’attenzione sugli sviluppi dell’indagine, al fine di potere tempestivamente tutelare i propri diritti». Quando sono quasi le sette della sera e sono trascorse ben più di ventiquattro ore dagli ennesimi arresti eccellenti che hanno sconquassato mezza città; quando già da ore più esponenti delle opposizioni (i parlamentari Dario Ginefra del Pd e Pierfelice Zazzera dell’Idv e il consigliere regione Michele Ventricelli di Sel) e tutto il fronte dei partiti di centrosinistra hanno chiesto le dimissioni del sindaco e lo scioglimento del consiglio comunale, ecco che dall’indirizzo di posta elettronica del primo cittadino di Altamura, Mario Stacca (Udc, medico, da oltre sei anni a capo di un’amministrazione di centrodestra), arriva sui computer di giornali, siti internet e tivvù locali un laconico e striminzito comunicato stampa.
Solo quattro righe quattro: quanto basta, a parer suo, per dare un segno di vita al termine di una giornata in cui ha fatto di tutto e di più per tenersi deliberatamente a distanza da microfoni e taccuini. Eppure, quelli fatti pervenire martedì dagli uffici della Procura antimafia di Bari (in un’inchiesta tutta incentrata sul ruolo di intermediazione politico-affaristico-mafiosa svolto sino ad un anno fa, prima che lo ammazzassero, dal boss locale Bartolo Dambrosio) non sono proprio messaggi indolore per una amministrazione di centrodestra che già in passato era finita nell’occhio del ciclone.
E non solo e non tanto perché tra gli indagati (la Procura ne aveva persino chiesto l’arresto) c’è quel Vito Zaccaria (36 anni, avvocato, co-coordinatore cittadino del Pdl) che sino a sei mesi fa (e per tutti i sei anni precedenti) ha ricoperto cariche amministrative importanti (assessore all’Urbanistica e ai Lavori pubblici) e tuttora si trova a capo di «Murgia Sviluppo» (un consorzio di ben 14 Comuni, tra i quali la stessa Altamura).
Lo scenario che viene evidenziato nelle oltre 200 pagine dell’ordinanza è chiarissimo. Il boss Bartolo Dambrosio, finché è stato in vita (lo hanno ammazzato il 6 settembre dell’anno scorso) avrebbe svolto un ruolo tutt’altro che marginale nei rapporti tra l’amministrazione comunale e svariati pezzi della città. Sia chiaro, né la Procura né il gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare per 3 dei 14 indagati ritengono che il sindaco Stacca e l’intera amministrazione facciano parte del presunto sodalizio affaristico-mafioso ruotante intorno al boss Dambrosio.
Ma il fatto stesso che in questa indagine si sia arrivati a chiedere e in un caso ad ottenere l’arresto (ai domiciliari) di due sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri, dà la misura di quanto elevata sia la volontà della magistratura di affondare le mani nei gangli più misteriosi di questa città. E che ve ne sia un disperato e impellente bisogno, è confermato da un clima sempre più irrespirabile soprattutto all’interno di quella che sulla carta dovrebbe essere la casa comune, ovvero il Municipio. È qui, ad esempio, che intorno a mezzogiorno chi scrive è costretto a registrare uno scenario inquietante.
Sì, perché nel giorno in cui Altamura torna alla ribalta della cronaca per fatti di mafia, si scopre che i giornalisti non possono entrare a Palazzo. E ad annunciarlo non è un dirigente o un funzionario. All’ingresso, a dare ordini, con tanto di divisa che fa potente, c’è una guarda giurata. E così quando le si chiede di parlare con il sindaco, si scopre che «oggi è impegnato e non parla con i giornalisti». E quando si prova a ribattere che a dirlo forse dovrebbe essere la segretaria del sindaco o il suo portavoce, questo ragazzone armato non sa fare di meglio che chiamare il suddetto portavoce e, di fatto, ordinargli di scendere. Tutto senza indugiare per un attimo. Come se fosse tutto normale. regolare. E così, per assistere al miracolo di far salire i giornalisti al primo piano dove si trova la stanza del sindaco Stacca (impegnato in non si sa bene quali faccende), c’è bisogno di chiamare i Carabinieri. Ma lui, il sindaco, «è appena andato via», come riferiscono alcuni consiglieri comunali, o comunque «non c’è», come fa sapere la sua segretaria. E non c’è nemmeno due ore dopo. E nemmeno sino a sera. Il sindaco, come si diceva, non va oltre le quattro righe quattro di un comunicato stampa, dal quale, peraltro, traspare una velata minaccia nei confronti di chi potrebbe attentare ai «diritti» dell’amministrazione comunale.
Sia chiaro, anche questo è legittimo, soprattutto se si tiene conto - e lo abbiamo già sottolineato - che né il sindaco né uno solo dei suoi assessori attuali è indagato di alcunché. Ma in questa giornata particolare, forse non è un caso che, nel Palazzo, a parlare, a non sottrarsi ai taccuini, sia quello che negli ultimi anni è stato da più parti indicato come il «vero sindaco» di Altamura. «Si fa presto a parlare di mafia e di scenario mafioso o di contiguità della politica, ma ho l’impressione che si stia esagerando», dice Pasquale Lomurno, democristiano da sempre, sulla scena da 35 anni, sino a pochi mesi fa capo di gabinetto del sindaco.
«Questa - aggiunge - è una città che si sta impoverendo. Qui ogni giorno c’è qualcuno che minaccia di impiccarsi. C’è una grandissima pressione. E qualche volta le minacce arrivano anche dagli ex detenuti come quel Regina che si è rivolto a Dambrosio e al sindaco per ottenere un lavoro. Ma dov’è la contiguità? Qui è materia di ogni giorno avere a che fare con queste richieste». Lomurno assolve ancor prima del processo anche il maresciallo Nicola Logiudice, comandante della stazione dei carabinieri, da martedì agli arresti domiciliari, accusato di aver favorito la non sorveglianza del boss Bartolo Dambrosio. «Mi hanno riferito - dice Lomurno - che due anni fa fu proprio Logiudice ad arrestarlo in spiaggia a San Basilio nel Metapontino». E questa, se confermata, sarebbe una notizia.