Ergastolano tarantino si cuce bocca con lago
di Giacomo Rizzo
TARANTO - La metamorforsi del killer. Da criminale spietato a detenuto modello. Ma sempre «uomo d'onore». Era arrivato a cucirsi la bocca, con ago e filo, in quanto gli era stato precluso l'accesso al laboratorio, dove effettua piccoli lavori, a causa di un certificato medico che ne attestava la non idoneità. Dopo un incontro chiarificatore con la direzione del carcere di Bad’e Carros di Nuoro, dove è recluso da cinque anni, Alessandro Bozza, 50enne di Ginosa, un tempo braccio armato del clan tarantino capeggiato dai fratelli Riccardo e Gianfranco Modeo, ha deciso di non proseguire nel suo atto di autolesionismo.
Resta comunque il suo gesto, plateale e al tempo stesso clamoroso, e fanno notizia gli attestati di solidarietà ricevuti dai genitori dei bambini a cui il detenuto regalava i libri-farfalla realizzati in carcere. Bozza non era un semplice gregario della mala. Faceva parte del gruppo di fuoco del clan che contese al gruppo De Vitis Ricciardi la supremazia nella gestione delle attività illecite a Taranto tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Erano gli anni di piombo. In tre anni 113 morti ammazzati e pallottole vaganti che colpirono anche vittime innocenti. Come Sandra Stranieri, uccisa davanti a un’edicola di via Mazzini.
Bozza sta scontando l’ergastolo per associazione mafiosa, traffico di droga e per gli omicidi di Cesare Liuzzi e Vittorio Masella, ammazzati nella primavera del 1989 a Bernalda e Montescaglioso. Il primo, reo di aver lucrato personalmente sul traffico di sostanze stupefacenti, sarebbe stato ucciso da Riccardo Modeo e Cosimo Murianni con la complicità di Bozza. Il secondo subì una sorta di processo sommario per essere passato al clan De Vitis. Secondo i pentiti, fu sempre Riccardo Modeo a dare il colpo di grazia con una pistolettata al cuore. Ma i boss si muovevano in gruppo ed erano armati fino ai denti.
L’inchiesta «Ellesponto», sfociata nel blitz sui clan Modeo e De Vitis nell’aprile del 1994, ha ricostruito il filo rosso-sangue della memoria. Omicidi, tanti omicidi. L’era criminale più cruenta che Taranto possa ricordare. Il processo è andato in archivio con 13 ergastoli ed altre 71 condanne per circa mille anni di carcere
I libri-farfalla di Bozza sono diventati famosi nel Cagliaritano. Numerosi i messaggi giunti attraverso la posta elettronica all’Associazione Socialismo Diritti Riforme, con cui vari cittadini hanno voluto esprimere vicinanza al detenuto. «Alessandro coi suoi lavori ha reso più felice i miei bambini che tutti i giorni li ammirano nelle loro camerette»; «Alessandro rappresenta un’ottima eccezione che dovrebbe diventare la regola»: sono solo alcune delle frasi a lui dedicate.
«La notorietà dei libri-farfalla, che l’uomo confeziona nel laboratorio dell’Istituto - ha spiegato Maria Grazia Caligaris, presidente dell’Associazione – ha determinato una particolare attenzione dell’opinione pubblica. La vicenda ha avuto una positiva soluzione. L’uomo, che ha perso 12 chili, dopo un lungo incontro con la direttrice dell’Istituto e con il magistrato di Sorveglianza, ha accettato di farsi togliere la cucitura. Chiariti gli equivoci e migliorate le condizioni di salute, ha ripreso il lavoro nel laboratorio».
Il boss è così tornato a confezionare i suoi libri per l’infanzia. In cerca di redenzione. Per cancellare il passato. Ma pur sempre rimanendo «uomo d’onore».
TARANTO - La metamorforsi del killer. Da criminale spietato a detenuto modello. Ma sempre «uomo d'onore». Era arrivato a cucirsi la bocca, con ago e filo, in quanto gli era stato precluso l'accesso al laboratorio, dove effettua piccoli lavori, a causa di un certificato medico che ne attestava la non idoneità. Dopo un incontro chiarificatore con la direzione del carcere di Bad’e Carros di Nuoro, dove è recluso da cinque anni, Alessandro Bozza, 50enne di Ginosa, un tempo braccio armato del clan tarantino capeggiato dai fratelli Riccardo e Gianfranco Modeo, ha deciso di non proseguire nel suo atto di autolesionismo.
Resta comunque il suo gesto, plateale e al tempo stesso clamoroso, e fanno notizia gli attestati di solidarietà ricevuti dai genitori dei bambini a cui il detenuto regalava i libri-farfalla realizzati in carcere. Bozza non era un semplice gregario della mala. Faceva parte del gruppo di fuoco del clan che contese al gruppo De Vitis Ricciardi la supremazia nella gestione delle attività illecite a Taranto tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Erano gli anni di piombo. In tre anni 113 morti ammazzati e pallottole vaganti che colpirono anche vittime innocenti. Come Sandra Stranieri, uccisa davanti a un’edicola di via Mazzini.
Bozza sta scontando l’ergastolo per associazione mafiosa, traffico di droga e per gli omicidi di Cesare Liuzzi e Vittorio Masella, ammazzati nella primavera del 1989 a Bernalda e Montescaglioso. Il primo, reo di aver lucrato personalmente sul traffico di sostanze stupefacenti, sarebbe stato ucciso da Riccardo Modeo e Cosimo Murianni con la complicità di Bozza. Il secondo subì una sorta di processo sommario per essere passato al clan De Vitis. Secondo i pentiti, fu sempre Riccardo Modeo a dare il colpo di grazia con una pistolettata al cuore. Ma i boss si muovevano in gruppo ed erano armati fino ai denti.
L’inchiesta «Ellesponto», sfociata nel blitz sui clan Modeo e De Vitis nell’aprile del 1994, ha ricostruito il filo rosso-sangue della memoria. Omicidi, tanti omicidi. L’era criminale più cruenta che Taranto possa ricordare. Il processo è andato in archivio con 13 ergastoli ed altre 71 condanne per circa mille anni di carcere
I libri-farfalla di Bozza sono diventati famosi nel Cagliaritano. Numerosi i messaggi giunti attraverso la posta elettronica all’Associazione Socialismo Diritti Riforme, con cui vari cittadini hanno voluto esprimere vicinanza al detenuto. «Alessandro coi suoi lavori ha reso più felice i miei bambini che tutti i giorni li ammirano nelle loro camerette»; «Alessandro rappresenta un’ottima eccezione che dovrebbe diventare la regola»: sono solo alcune delle frasi a lui dedicate.
«La notorietà dei libri-farfalla, che l’uomo confeziona nel laboratorio dell’Istituto - ha spiegato Maria Grazia Caligaris, presidente dell’Associazione – ha determinato una particolare attenzione dell’opinione pubblica. La vicenda ha avuto una positiva soluzione. L’uomo, che ha perso 12 chili, dopo un lungo incontro con la direttrice dell’Istituto e con il magistrato di Sorveglianza, ha accettato di farsi togliere la cucitura. Chiariti gli equivoci e migliorate le condizioni di salute, ha ripreso il lavoro nel laboratorio».
Il boss è così tornato a confezionare i suoi libri per l’infanzia. In cerca di redenzione. Per cancellare il passato. Ma pur sempre rimanendo «uomo d’onore».