La grande incompiuta Pavoncelli bis bocciato lodo arbitrale

BARI - Il pagamento alle imprese di 38 milioni di euro «comporterebbe un gravissimo pregiudizio» al nuovo appalto (il quarto) per completare la galleria Pavoncelli Bis, da trent’anni una delle grandi incompiute del Sud. Per questo la prima sezione della Corte d’appello di Roma ha sospeso l’esecutività del lodo arbitrale sui lavori (interrotti) al Canale principale dell’Acquedotto pugliese, quello che disseta quasi tutta Bari e la Bat. Seppur resa in sede cautelare, l’ordinanza depositata lunedì ha contenuti piuttosto pesanti. 

Secondo i giudici romani, infatti, le censure mosse dal ministero delle Infrastrutture e dalla Regione «non sono manifestatamente pretestuose» ed anzi risultano «apprezzabili» sotto il profilo del fumus. Regione e ministero sostengono infatti che gli arbitri non avessero (più) titolo ad esprimersi e, soprattutto, che il vecchio contratto di appalto si fosse risolto dopo la bocciatura del progetto in Cassazione: le imprese (Condotte, Seli, Dec e Faver) hanno ricevuto 5 milioni per la quota di lavori effettuati e avrebbero diritto solo a un piccolo risarcimento (4,7 milioni). 

La decisione è importante perché l’eventuale esecuzione del lodo avrebbe bloccato l’aggiudicazione del nuovo appalto da 106 milioni. Giusto pochi giorni fa, infatti, il Commissario straordinario Roberto Sabatelli ha proceduto all’apertura delle buste: la graduatoria provvisoria vede al primo posto un raggruppamento guidato dalla Vianini, ma prima della firma del contratto dovrà essere completata la verifica di anomalia dell’offerta. Non a caso ieri l’assessore regionale Fabiano Amati, che guida il nucleo di vigilanza sui lavori della Pavoncelli bis, ha espresso «soddisfazione»: «Adesso - dice - è importante arrivare alla consegna dei cantieri, anche per vendicare trent'anni di vergognosi ed insopportabili sperperi».

A parte i primi due appalti mai portati a termine, c’è la storia un po’ paradossale dell’ultimo lodo arbitrale, oggetto di un esposto alla procura della Repubblica e (dopo gli articoli della «Gazzetta») di un’in - terrogazione parlamentare del Pd. Non solo la condanna, ma anche più di 3 milioni tra spese legali e consulenze per il funzionamento del collegio arbitrale. A cominciare dalla maxiparcella da 1,9 milioni che i tre arbitri (Sergio Santoro, magistrato, ex capo di gabinetto di Alemanno, il romano Federico Tedeschini e il barese Luigi Volpe) si sono autoliquidati con tanto di richiesta di ottenere un anticipo (respinta). 

A oggi gli arbitri hanno ottenuto 700mila euro, cioè circa metà di quanto richiesto, ma secondo l’Avvocatura dello Stato non potrebbero chiederne più di 244mila euro. Nel frattempo, però, è spuntata un’altra maxiparcella da 432mila euro più Iva e contributi previdenziali per la relazione del consulente tecnico d’ufficio (Marco Lacchini, professore all’università di Cassino) su cui si basa la condanna: un documento che rischia di costare ai cittadini italiani 1.846 euro a pagina. 
Una situazione talmente incredibile che Amati prova a prendere con filosofia, citando Luigi Lombardi Vallardi: «Mi sento come uno spillo che si è avvicinato ad un pallone gonfiato, ampiamente persuaso che lo spillo è piccolo ed il pallone è grande. Ma la Regione non è disposta ad indietreggiare di un solo millimetro». Anche perché la vecchia Pavoncelli sta crollando, e la nuova galleria rischia di trasformarsi in una corsa contro il tempo. [m.s.]
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