Brindisi, sta per partorire ma all'ospedale Perrino non c'è posto per lei

BRINDISI - Con avvisaglie di parto prematuro, al settimo mese di gravidanza e in attesa di gemelli, si presenta al Pronto soccorso dell’ospedale Perrino per ricevere assistenza, ma le viene risposto che non c’è posto. E’ accaduto solo qualche giorno fa, la notte tra il 28 e il 29 agosto scorso.

Una storia che si stenta a credere possibile eppure documentata da una lettera firmata. A raccontarla è un familiare della giovane donna che chiede l’anonimato per motivi di privacy.

Abbiamo provato a ricostruire cosa è accaduto in quella drammatica nottata attraverso quanto hanno riferito le parti interessate: i parenti della paziente e il dirigente del pronto soccorso.

Sconcerta non poco leggere che sarebbe stata messa alla porta una donna prossima ad un parto prematuro, per di più gemellare, che avrebbe probabilmente richiesto l’assistenza dei piccoli nella terapia intensiva di neonatologia, reparto presente solo nell’ospedale Perrino. Ma è proprio questo il punto, secondo quanto ha dichiarato il commissario straordinario della Asl Paola Ciannamea. Sono stati i rischi legati all’imminente nascita prematura la ragione che avrebbe determinato i medici a suggerire il trasferimento della donna in un ospedale attrezzato.

Procediamo con ordine.

«Mia nipote, anni 33, all’alba del 29 agosto scorso, in attesa di gemelli - racconta il familiare della donna che ha scritto alla Gazzetta -, a causa della rottura delle acque è stata trasportata d’urgenza dal marito con il quale era in vacanza al Pilone, località marina di Ostuni, presso l’ospedale “Perrino” di Brindisi».

Giunta a destinazione, però, sembra che i medici (è quanto sostiene il dirigente del Pronto soccorso, dott. Greco) verificata l’indisponibilità di posti in Utin, le abbiano consigliato il trasferimento a San Giovanni Rotondo, dove i neonati avrebbero potuto trovare opportuna assistenza.

Sebbene esterrefatti, confusi e sopraffatti dall’ansia per il grave rischio a cui quel contrattempo avrebbe esposto i bimbi, i coniugi non hanno perso tempo e, in ambulanza, hanno raggiunto l’ospedale “Casa sollievo della sofferenza”.

«Qui grazie alla sensibilità e competenza oltre al garbo e fortuna - si legge nella lettera - sono nati dopo qualche ora due maschi entrambi di 1 chilo e 700 grammi».

E’ chiaro che, in quelle condizioni, se la donna avesse partorito in autoambulanza senza idonee strumentazioni, durante il lungo tragitto (oltre 300 km), molto probabilmente si sarebbe parlato di un caso di malasanità: così prematuri i bimbi avrebbero potuto non sopravvivere. Ma i medici hanno ritenuto che la giovane fosse in condizioni di affrontare il viaggio e non vi fosse sofferenza fetale.

«Ho voluto raccontare questa storia perchè sia un monito - conclude il familiare della donna che evidentemente ha un’altra visione dell’accaduto -, affinchè non si verifichi più niente di simile in un paese che si dice civile».

Le denunce di presunti casi di malasanità, negli ultimi anni e, soprattutto, negli ultimi mesi, a seguito dei tagli indiscriminati di personale, hanno raggiunto picchi mai visti, è innegabile. Ma non sembra essere questo un caso da aggiungere al lungo elenco. Secondo il commissario Ciannamea, i medici dell’ospedale Perrino, data la situazione, hanno agito con coscienza: solo il trasferimento in un altro ospedale specializzato avrebbe potuto garantire la sopravvivenza dei bimbi. Ne è prova il parto che è avvenuto senza complicazioni, ne sono prova i bimbi che stanno bene.
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