Attesa per la sorte del papà nei guai per schiaffo al figlio

di Paolo Pinnelli

Canosa - Sono ore di autentica ansia per i parenti e per gli amici di Giovanni Colasante, il turista e consigliere comunale canosino, 46enne, finito nei guai in Svezia per aver mollato uno schiaffo al figlio dodicenne per strada.

Colasante, all’oscuro, come tanti turisti, della estrema rigidità della legislazione svedese sulla salvaguardia dei diritti dei bambini aveva redarguito con uno schiaffo, per strada, il figlio in preda ad una serie di capricci. Alla scena avrebbero assistito alcuni passanti che hanno chiamato la polizia e mandato in prigione, e per tre giorni, il consigliere comunale, tra l’incredulità degli amici di viaggio, oltre che del bambino, rimasto - come riferiscono i suoi parenti - choccato per l’intervento della polizia e per quanto accaduto dopo, per un semplice e stupido capriccio.

Sono lunghissime ore di ansia, come sottolineano i familiari, per l’esito e di un processo che si svolgerà il 6 settembre, a Stoccolma. Colasante si trova ospite dell’ambasciata italiana a in Svezia, insieme alla moglie, sottoposto a regime di libertà condizionata con obbligo di firma, ed è assistito oltre che dal legale di famiglia, l’avvocato Giovanni Patruno, dal suo collega svedese Lars Runeberg, messo a disposizione dell’ambasciatore italiano a Stoccolma, Angelo Persiani.

Proprio all’ambasciatore è stato rivolto il ringraziamento del sindaco e presidente della Provincia di Barletta-Andria-Trani, Francesco Ventola, amico personale di Colasante, che dopo aver ribadito a proposito del suo amico che «è una persona per bene, che conosco da tempo e anche come sindaco lo considero un cittadino modello», ha ribadito: «confido nella giustizia e sono certo che in sede processuale ne uscirà alla grande. Ringrazio l’ambasciata italiana a Stoccolma e i validissimi diplomatici che hanno operato con prontezza per salvaguardare i diritti del nostro concittadino e garantire la corretta gestione della vicenda».

Sulla stessa linea l’avvocato Patruno che ha fatto sapere che la famiglia «confida ed ha la massima fiducia nella magistratura svedese. Siamo certi che quello in cui è finito Giovanni è solo un grosso incredibile equivoco e si è trattato di un rimprovero di un padre ad un figlio. Speriamo che tutto si possa chiarire nel processo».

Martedì prossimo, quindi, davanti al giudice svedese, una donna, saranno presentate le testimonianze di coloro che hanno segnalato l’accaduto alla polizia, e degli amici della famiglia Colasante che, insieme ad altri compaesani, si trovavano per strada quando è avvenuto l’episodio.

Tutto gira attorno alle varie testimonianze di quella vicenda precipitata anche per la difficoltà di comunicare nella lingua svedese - che nessuno dei presenti parlava - e soprattutto per la diversa legislazione adottata in Svezia, ma non in Italia, Francia o paesi anglosassoni. Una legislazione severissima che equipara anche il «ceffone educativo» di un genitore - in Italia non punito se non violento, secondo anche una recente sentenza della Cassazione - ad un maltrattamento vero e proprio, punibile con una pena che arriva fino anche a due anni di reclusione. Ipotesi che nessuno vuole nemmeno immaginare.

Figlio «schiaffeggiato» compreso.
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