Boemondo, il boato si sentì nel mondo

di COSIMO DAMIANO FONSECA
La traiettoria del principe normanno Boemondo si diparte da Canosa, anche se la cronologia suggerisce un altro punto di partenza. Infatti il Mausoleo che si ammira nel lato meridionale della basilica cattedrale canosina viene fatto costruire da sua madre Alberada dopo la morte di Boemondo avvenuta il 7 marzo 1111; mentre la tomba della stessa Alberada, edificata nel famedio degli Altavilla a Venosa a fronte di quella dell’ex marito e padre di Boemondo, Roberto il Guiscardo, viene eretta dopo 1122. 

Eppure la memoria del figlio è così viva in Alberada da non negare a Boemondo l’or - goglio della paternità e la legittimità dei natali nonostante l’avvenuta dichiarazione di nullità del matrimonio contratto con Roberto il Guiscardo: «Guiscardi coniux Alberada» precederà nella iscrizione tombale della chiesa venosina, il «Si genitum quaeres hunc Canusinus habet» («Se cerchi il figlio, lo trovi a Canosa»). Ma c’è di più in questo richiamo Venosa- Canosa, Guiscardo-Boemondo ed è l‘esaltazione della continuità della stirpe normanna e, nel contempo, la consapevolezza di voler attribuire al Mausoleo di Canosa la stessa funzione della SS.ma Trinità di Venosa, cioè di far corpo tutt’uno con il famedio della prima generazione normanna, vegliato questo dalle preghiere dei monaci benedettini originariamente provenienti dalla Normandia, quello dall’ufficiatura liturgica dei canonici canosini, custodi delle reliquie del patrono, San Sabino.

E che Boemondo fosse ormai inserito a pieno titolo nell’universo politico-religioso venosino come nelle testimonianze epigrafiche canosine con la cifra dianzi richiamata, dimostrano due significativi riferimenti documentari: il primo è l’inserimento del suo nome nell’elenco dei ventisei benefattori riportato nel Libro del Capitolo dell’abbazia della SS.ma Trinità di Venosa insieme con Drogone (+1051), Roberto il Guiscardo (+1085), Ruggero I il Gran Conte (+ 1101), ecc. Hubert Houben, che del Libro del Capitoloè stato benemerito editore, data l’elenco intorno alla metà del XII secolo, ricordando che Boemondo aveva sottoscritto l’atto di trasferimento all’abbazia venosina della chiesa di San Giorgio donata dal fratellastro Ruggero Borsa e che l’anno seguente aveva effettuato la donazione al monastero venosino della eredità che un certo Basilio di Trani aveva a Giovinazzo. 

Quanto a Canosa sia l’iscrizione del tamburo ottagonale sia quelle delle porte di bronzo del Mausoleo assumono il tono tipico dalla laus medievale dando significativo risalto alle imprese militari di Boemondo, stigma precipuo della stirpe normanna specialmente nelle campagne transmediterranee, ma non omette un dato di indubbia importanza legato al concetto martiriale della Crociata approdato poi istituzionalmente al principato di Antiochia e religiosamente al pellegrinaggio a Gerusalemme. 

Boemondo assume così il ruolo di emblematico personaggio della transizione tra la prima e la seconda generazione normanna: la prima legata alla conquista, la seconda impegnata nella costruzione del Regno. Suo padre, Roberto il Guiscardo, era morto nel 1081 dopo aver compiuto la memoranda impresa dell’assoggettamento dei territori dell’Italia meridionale continentale: suo zio Ruggero I il Gran Conte, cui si deve la riconquista della Sicilia, aveva concluso la sua parabola terrena nel 1101; suo cugino Ruggero II, figlio di Ruggero il Gran Conte e di Adelaide del Vasto, si accingeva con la promotio ad Regnuma dare stabilità alle istituzioni che avrebbero sancito l’unità politico-anmminsitrativa del Regno.

A segnare la fine del ruolo egemonico di Venosa varrà ricordare l’impresa compiuta da Ruggero II nel 1133, quando mise a ferro e a fuoco la città per essersi unita con il ribelle Tancredi di Conversano, anche se non sembra sia stata danneggiata l’abbazia della SS.ma Trinità, oggetto peraltro nel triennio 1140-1143 di numerose donazioni. Comunque ciò che conta è che Boemondo interpreterà nella sua avventurosa esistenza tutte le qualità degli uomini della prima generazione normanna: le virtù militari, l’orgoglio della stirpe, le capacità strategiche non rare volte in competizione con il padre. La Crociata fu la inaspettata e provvidenziale occasione, dopo aver constatato che l’ago della storia pendeva per i territori continentali verso il fratellastro Ruggero Borsa e per la Sicilia e poi per il Regno verso suo cugino Ruggero II, per far valere in Oriente il genio della prima generazione dei conquistatori del Mezzogiorno d’Italia. Boemondo espugnerà Antiochia costituendo con il principato uno dei Regni latini d’Oriente, inquieterà l’imperatore Alessio Comneno di Bisanzio con la sua astuzia politica, anche se la figlia Anna sarà colpita dal suo fascino, rivivrà subito nel mito come rivela la iscrizione della porta di bronzo del suo mausoleo canosino che gioca sul nome: «Unde boat mundus quanti fuerit Boamundus». Insomma un boato del mondo accompagnò la figura di Boemondo.
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