L'intervista
La ricercatrice italo-iraniana Farian Sabahi: «Le bombe cancellano la diplomazia: gli Usa vogliono lo stretto di Hormuz»
«L'Iran deluso dall’Ue paladina dei diritti umani, ora silente»
Farian Sabahi (ha doppia cittadinanza, italiana e iraniana, ed è ricercatrice senior in Storia contemporanea all’università degli Studi dell’Insubria) come spiega questo nuovo attacco all’Iran?
«Le ragioni sono molteplici. In primis le invettive della leadership della Repubblica islamica che da 46 anni urla “morte a Israele”, nonché il sostegno militare e finanziario iraniano a Hamas e Hezbollah, acerrimi nemici dello Stato ebraico. In secondo luogo, due questioni interne alla politica israeliana: il premier Netanyahu ha perso la guerra contro Hamas e, facendo 60mila morti tra i gazawi, ha visto erodere il suo consenso sia internamente sia all’estero. Rischiava una crisi e, per ricompattare il governo di coalizione, ha assicurato agli ultraortodossi che avrebbe bombardato l’Iran. In terzo luogo, la diplomazia iraniana stava giungendo a un accordo con gli Stati Uniti, grazie alla mediazione dell’Oman: l’attacco israeliano di venerdì 13 giugno e i bombardamenti statunitensi di domenica notte lo hanno fatto irrimediabilmente saltare, nel senso che non resta granché su cui negoziare. Inoltre, il controllo delle vie marittime è cruciale per le potenze egemoniche: gli Usa vogliono prendere possesso dello Stretto di Hormuz e controllare quindi quel tratto di mare da cui transita giornalmente il 30 per cento del petrolio del pianeta e il 60 per cento dei fabbisogni energetici della Cina. Di pari passo, Israele ha bombardato le fabbriche di missili e droni dell’Iran, e quindi ha messo fuori uso la capacità di Teheran di rifornire la Russia di droni nella guerra contro Kiev. L’Iran non è quindi l’unico obiettivo».
Come vivino questa crisi i suoi familiari in Iran?
«Mio padre, 85 anni, era a Teheran per una conferenza quando Israele ha iniziato a bombardare, ha affrontato un viaggio lungo e faticoso per la sua età ma è riuscito a rientrare a Torino, dove risiediamo entrambi. A Teheran ci sono ancora mio zio paterno Nasser, due dei suoi cinque figli e molti nostri cugini. Buona parte della mia famiglia ha il passaporto iraniano e al tempo stesso passaporto statunitense. Stanno vivendo questo momento con grande apprensione, anche perché Israele ha bombardato anche i quartieri residenziali dove vive la borghesia».
Come vivono le giovani e i giovani iraniani queste giornate?
«Dapprima con stupore, perché nessuno si aspettava il bombardamento israeliano del 13 giugno, tant’è che anche i capi dei pasdaran e dell’esercito dormivano sonni tranquilli nei loro letti, quando sono stati uccisi dai droni israeliani. Dopodiché con paura: chi se lo poteva permettere ha lasciato i centri abitati, dove non ci sono bunker, e ha trovato rifugio a nord, sul Mar Caspio, e nelle zone rurali. Ora a dominare è la rabbia nei confronti di Israele, come pure del regime iraniano che si è messo nelle condizioni – con le invettive contro Israele e contro gli Usa, e con la sua politica scellerata – di far sì che Israele bombardasse l’Iran. Ma la rabbia degli iraniani in patria è anche nei confronti di un’Europa che si erge a paladina dei diritti umani ma ha taciuto di fronte allo sterminio di 60mila palestinesi e ora tace di fronte all’evidente violazione, da parte di Israele e degli Usa, del diritto internazionale».
Cosa si aspetta dall’Europa in questo momento?
«L’Europa è purtroppo schiacciata sulle posizioni israeliane e trumpiane. Domenica notte il presidente statunitense Trump ha dato ordine di bombardare i siti nucleari iraniani. Facendo questo, ha - di fatto - bombardato anche i negoziati che si stavano tenendo in Oman, a Ginevra (venerdì 20 giugno) e a Istanbul (21 giugno). Trovo assurdo che, qualche ora dopo i bombardamenti statunitensi, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen scriva sui social che “è giunto il momento che l’Iran si impegni in una soluzione diplomatica credibile. Il tavolo dei negoziati è l’unico luogo in cui porre fine a questa crisi”. L’Iran stava negoziando con gli Usa. Israele e Usa hanno bombardato l’Iran in violazione del diritto internazionale. La diplomazia è morta e sepolta».
Quale futuro si augura per il suo paese?
«Sono nata in Italia, da mamma italiana, sono cresciuta in Piemonte e vivo a Torino. Ho entrambe le cittadinanze: italiana e iraniana. Per entrambi i miei Paesi, per l’Italia e per l’Iran – così come per il resto del Medio Oriente, Palestina e Israele inclusi - mi auguro quella pace che qui in Europa abbiamo dato per scontato, per decenni».