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A potenza
Giovanni Rivelli
30 Ottobre 2018
Quattro anni e sei mesi di reclusione. Una pena superiore a quella che aveva richiesto la pubblica accusa, il pm Antonio Natale, che si era fermata a 3 anni e quattro mesi di reclusione. I medico di Calvello Giuseppe Mario Rocco Gilio (difeso dall’avv. Raffaella Forliano), oggi di 68 anni, è stato condannato per violenza sessuale su una paziente con meno della metà dei suoi anni (rappresentata in giudizio dall’avv. Ivan Russo.
I fatti si sarebbero svolti nello studio medico di Calvello. Già in passato l’uomo avrebbe tentato approcci con la giovane, toccandole il seno e chiedendole baci. La ragazza, però, che soffriva di una patologia che la portava a dover ricorrere con frequenza al medico, si era limitata a frapporre delle ferme opposizioni alle avance, ma quel giorno successe qualcosa di più. La ragazza arrivò nello studio per effettuare l’iniezione ed entrò quando nella sala d’attesa non c’era nessuno. A quel punto il medico avrebbe preso a toccarle il seno e a chiederle di potere baciarlo, ottenendo il solito rifiuto. Ma poi, approfittando del fatto che la ragazza, temendo l’iniezione del vaccino, come fanno molti all’avvicinarsi dell’ago si era girata dall’altro lato, si era avventato a baciarle il braccio e il seno.
A quel punto la reazione della ragazza era stata più ferma prendendo le sue cose per andare via, anche con la scusa di aver sentito rumori di persone in sala d’aspetto, ma a quel punto il medico avrebbe avuto una nuova reazione improvvisa. L’avrebbe afferrata alla vita e le avrebbe infilato una mano negli slip palpeggiandole le parti intime.
La ragazza si sarebbe poi divincolata riuscendo ad andare via ed avrebbe chiamato il fidanzato in lacrime raccontando l’accaduto poi, lo stesso giorno, sarebbe andata a fare il cambio di medico prima di denunciare. Elementi tutti confermati in dibattimento, con l’imputato che ha fornito una versione alternativa cercando di accreditare l’esistenza di una relazione consenziente e risalente nel tempo con la ben più giovane ragazza. Di questo, ha mostrato la difesa nel corso delle udienze, aveva parlato anche con alcuni amici (ma era sempre la sua versione) e avrebbe riferito anche al fidanzato della giovane quando, il giorno dopo l’episodio di violenza, lo chiamò risentito. Elementi che non sono, evidentemente, bastati a convincere la corte e che hanno portato all’emissione della condanna
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