Ritorno al Sud per la Merini dopo la fuga dell'86

di GIUSEPPE MAZZARINO

Alda Merini (classe 1931) è la più importante voce poetica italiana vivente, e costituisce per certo un unicum nella storia letteraria del '900. I suoi folgoranti esordi poetici, nella Milano del dopoguerra, avvengono con l'imprimatur di Giacinto Spagnoletti, importante critico militante di origine tarantina. E Taranto tornerà nella biografia materiale e poetica della Merini, i cui primi versi appaiono nell'antologia Poesia italiana contemporanea 1909/1949 di Spagnoletti, del 1950: due liriche che, con altre due, un altro nume del '900, Vanni Scheiwiller, inserirà l'anno dopo (su consiglio di Montale e Maria Luisa Spaziani) in Poetesse del Novecento.

Anni di gloria? Purtroppo no. Già nel 1947, appena sedicenne, Alda Merini inizia a soffrire di quella crudele malattia mentale che la tormenterà per tutta la vita: viene internata per un mese in una clinica psichiatrica. Frequenta Giorgio Manganelli, David Maria Turoldo, Maria Corti, Luciano Erba, Quasimodo. Nel 1953 sposa Ettore Carniti e pubblica la prima raccolta, La presenza di Orfeo. Ne seguiranno molte, anche se la sua voce tacerà per quasi vent'anni, fra il '61 e la fine dei '70.

Fra il '65 ed il '72 la Merini è internata in manicomio (rarissime le uscite, durante le quali mette al mondo tre figlie), con alternanza di lucidità e follìa che continua fino al '79, quando inizia a comporre La Terra Santa, considerata il suo capolavoro, nella quale scandaglia gli abissi devastanti della condizione manicomiale.

Inizialmente rifiutata, la dà alle stampe nel 1984 Scheiwiller, il più raffinato editore di poesia del '900: è l'inizio di un successo letterario non disgiunto, purtroppo, da una condizione umana non esaltante. Nel 1981 le è morto il marito, e la Merini, auspice Spagnoletti, ha iniziato una strana e complessa relazione a distanza con Michele Pierri, uno stimato medico tarantino, molto noto in città come chirurgo, un passato di antifascista ed una meteorica esperienza politica che lo vide tra i fondatori della Democrazia cristiana e poi dei Cristiano-sociali, più noto in Italia come poeta (spinto da Spagnoletti, partecipò nel 1948 al Saint Vincent di poesia e fu segnalato dalla giuria, mallevadore Giuseppe Ungaretti!).

Pierri (nato nel 1899) è vedovo dal 1980 di una moglie amatissima, alla quale è tuttora molto legato, che ha avuto una fase terminale lunga e dolorosa. Che cosa provi esattamente per la «poetessa pazza» (attenzione, non stiamo insultando la Merini, anche perché l'altro «poeta pazzo» del '900 è stato Dino Campana, una delle voci più intense, liriche e potenti della poesia mondiale) non sappiamo. Li unisce il culto per una parola che non è mai solo forma ma è sentimento, dolore, penetrazione, ma i due hanno visioni diverse del rapporto.

Scriverà la Merini: «sono mancata da Milano cinque anni. Ero a Taranto da Michele Pierri, un affascinante medico e poeta di Taranto, già anziano, che ho corteggiato per quattro anni. Per lui mi sono battuta, o meglio, contro di lui mi sono battuta, perché non voleva introdurmi nella sua casa, nel suo ambiente. Io, una donna del Nord dal passato turbolento e la sigaretta in una bocca ormai senza denti».

Pierri sposa religiosamente la Merini - che a Taranto ha ripreso anche a scrivere - nell'ottobre 1984. Gli 11 figli non ne sono entusiasti. La Merini ripiomba nella follìa, e viene nuovamente internata, a Taranto. Nel 1986, dimessa, fuggirà a Milano. Pierri morrà nel 1988. La Merini conoscerà trionfi letterari sempre crescenti, e inizierà anche a collaborare con musicisti. La sua più recente collaborazione artistica è con Giovanni Nuti, del quale ella dice: «musica il mio pensiero». Il rapporto con Taranto le è stato sempre ambivalente e difficile. Ma ha accolto con gioia il premio promosso da Fabio Salvatore, il Magna Grecia Award per l'eccellenza, anche come simbolo di riconciliazione.
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