ROMA - Sono almeno cinque i livelli di responsabilità sul piano organizzativo coinvolti nella vicenda delle otto morti sospette nell'Unità di terapia intensiva coronarica dell'ospedale di Castellaneta (Taranto). Lo ha detto il presidente della Società scientifica del management dl rischio clinico, Quirino Piacevoli, uno dei componenti della commissione di esperti del ministero della salute che ieri sera ha concluso l'ispezione nell'ospedale pugliese.
«Sono almeno cinque i livelli di responsabilità sul piano organizzativo che avrebbero potuto evitare gli episodi che hanno gettato nel panico tanti pazienti e che avrebbero portato alla morte un numero di persone che la Magistratura potrà accertare».
Sono livelli di responsabilità, ha aggiunto, da rintracciare a partire dalla fase di installazione dell'impianto fino alla direzione sanitaria. «Sono probabilmente entrati in gioco - ha osservato - anche gli aspetti economici che oggi pervadono la sanità, e secondo i quali le macchine non devono fermarsi mai». Una vicenda, ha detto ancora, nella quale sono entrate in gioco «distrazioni e superficialità».
Quello che è certo, secondo Piacevoli, è che il protossido di azoto non avrebbe dovuto essere presente nell'Unità di terapia intensiva coronarica. «I gruppi ospedalieri di nuova concezione fanno a meno del protossido di azoto, che è un gas altamente tossico e che in ambiti come le unità di terapia intensiva e rianimazione è assolutamente assente». Non è necessario utilizzare protossido d'azoto nemmeno negli interventi di cardioconversione per la terapia della fibrillazione atriale: in questi casi, ha osservato l'esperto, è sufficiente una minima sedazione, dopodiché si utilizza soltanto l'ossigeno.
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