Questo il racconto della strage di Portella della Ginestra, pubblicato due giorni dopo i fatti (l'indomani i giornali non uscirono) da un cronista del quotidiano del Partito Socialista Italiano, l'«Avanti!». Il cronista era presente alla strage.
«PALERMO - Ieri mattina folti gruppi di contadini si sono dati convegno a Portella della Ginestra per ascoltare, in occasione della festa del lavoro, alcuni oratori della C.D.L. e dei partiti di sinistra. Lasciati da un canto i cavalli bardato a festa, i braccianti agricoli si erano ammassati, alle 10, sulla piana che circonda il paese.
Nel centro un podio di pietra. Quando sulla rudimentale tribuna salì il primo oratore, il calzolaio Giacomo Schirò, segretario della sezione socialista di Piana, scoppietarono attorno battimani e, per un attimo ancora, canti festosi, gli inni dei lavoratori. Poi fu silenzio. Distintamente si udirono le parole del discorso: "Compagni lavoratori, siamo qui riuniti per festeggiare il Primo Maggio, la festa dei lavoratori...". A questo punto il costone di Monte Pizzuto risuonò di raffiche ed i primi proiettili fischiarono tra la folla. I primi morti caddero sulla pietraia, i gemiti dei primi feriti sottolinearono le raffiche. Dall'alto gli assassini dominavano tutto il paese. Urla e grida riempirono la piana; le bandiere rosse caddero coprendo gli alfieri colpiti. Anche alle spalle, sul Monte Cometa, stavano allineati, nettamente visibili contro il cielo, altri assassini intabarrati, con le armi al piede, pronti ad intervenire. Dieci muniti di raffiche, dalle 10,30 alle 10,40. Quando le mitragliatrici tacquero, a terra uomini e donne e bimbi e vecchi, sotto gli zoccoli dei cavalli impazziti. Sangue sui massi grigi, sangue rosso e le bandiere del lavoro strappate e lacere. Gli assassini scomparvero all'improvviso: forse dovevano recarsi immediatamente a riferire dell'esito dell'eccidio, a chi li aveva mandati a commetterlo. Sulla piana rimanevano i morti».
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