BOLOGNA - A cinque-sei anni dal conseguimento del titolo, stanno svolgendo una o più attività lavorative retribuite (comprese eventuali attività di formazione) 89 laureati europei su cento. L'Italia, con un valore non troppo distante dalla media, si trova però a fondo scala (il tasso di occupazione è pari all'86,4%), insieme ad Austria (87,2) e Spagna (87,4). E' quanto emerge dall'indagine 'Reflex', che si è svolta fra settembre 2005 e giugno 2006 e ha coinvolto 2.900 laureati del 2000. La rilevazione è stata promossa dalla Commissione europea sulla condizione occupazionale dei laureati europei. In Italia il progetto, condotto e coordinato dall'Istituto Iard 'Franco Brambillà e da AlmaLaurea, ha ricevuto il sostegno del ministero dell'Università e l'appoggio della Crui. Nel complesso, sono stati circa 34mila gli intervistati dei primi 11 Paesi europei: Austria, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna e Svizzera.
L'Italia conferma la bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, tanto che le differenze rispetto ai colleghi sfiorano i 10 punti percentuali (lavora il 82% delle donne e il 91 degli uomini). Resta però vero che le donne risultano svantaggiate in tutti i Paesi coinvolti, con differenze che oscillano tra un punto percentuale della Francia e 12 punti dell'Austria. La comparazione delle caratteristiche del lavoro svolto deve tener conto sia del contesto economico e del mercato del lavoro nazionali sia del peso degli occupati nel pubblico impiego in ognuna delle realtà indagate. In Italia questi ultimi rappresentano, infatti, il 27%, contro una media europea del 40% (con punte di oltre il 50% in Norvegia, Germania e Finlandia). Con queste precisazioni, si rileva che il lavoro autonomo, ad esempio, coinvolge il 12% dei laureati europei, esattamente la metà di quanto rilevato a livello italiano.
Lascia il tuo commento
Condividi le tue opinioni su