MILANO - «Le speranze di poterlo andare a sentire in Egitto sono scarse, anzi le possibilità di interrogarlo erano maggiori quando era detenuto». È quanto hanno fatto sapere in Procura a Milano, parlando della scarcerazione disposta ieri dal governo egiziano di Abu Omar, l'imam rapito vicino alla moschea milanese di viale Jenner il 17 febbraio 2003.
Le indagini sul rapimento condotte dai procuratori aggiunti Armando Spataro e Ferdinando Pomarici, hanno portato ad accusare 26 agenti della Cia, l'ex direttore del Sismi Nicolò Pollari, l'ex capo del controspionaggio Marco Mancini e altri funzionari del servizio segreto militare ed anche il maresciallo del Ros, Luciano Pironi.
Tutti sono ora imputati all'udienza preliminare in corso oggi a Milano davanti al gup Caterina Interlandi. Uno dei difensori di sei agenti della Cia, l'avvocato Guido Meroni, prima dell'inizio dell'udienza, ha spiegato: «Formuleremo in questa fase o nella fase del dibattimento di sentire Abu Omar come testimone-parte lesa. Potrebbe fornirci qualche elemento in più visto che siamo completamente al buio per quanto riguarda la vera identità di alcuni imputati».
Tutti gli agenti della Cia sono latitanti e nei loro confronti la magistratura milanese ha inviato al ministero di Grazia e Giustizia una richiesta di estradizione sulla quale il Guardasigilli dovrà decidere se inoltrarla negli Stati Uniti.
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