Rosa, l'odio per un bambino di una mamma mancata
«Piangeva, piangeva, mi faceva scoppiare la testa»: ha ripetuto più volte, come a giustificarsi, la donna agli inquirenti. Nella sua linda abitazione, al piano sotto quello della famiglia Castagna, nel cortile di via Diaz, quegli strilli e quei gridolini la colpivano come martellate. «Qualche volta si era lamentata anche con noi - raccontano ora i vicini -. Sapevamo che tra le due famiglie non correva buon sangue, ma mai avremmo immaginato che si arrivasse al quel punto».
Certo la mania di Rosa Bazzi per l'ordine e il silenzio spesso faceva ridere. Pare che qualche volta andasse con il marito a dormire nel camper (rimasto a lungo parcheggiato nel cortile davanti casa e rimosso proprio stasera), per sfuggire infastidita al rumore dei vicini.
«Io non li conoscevo, ma credo che alla base di quanto successo ci sia qualcosa che va oltre i rancori di cortile - ha detto il fratello di Raffaella, Giuseppe -. Motivi che vanno ricercati lontano: quei due erano due persone infelici, lei non aveva mai conosciuto la gioia di avere dei figli». Un rimpianto che forse si è trasformato in un tarlo che, coniugato a tanti altri problemi, ha sconvolto la vita ai due.
«Attenuanti» che Azouz, il papà di Youssef, respinge con disgusto: «Non parlatemi di raptus - esplode davanti a chi usa quel termine per spiegare il delitto -, tutti quelli che uccidono possono essere presi da raptus. Lei è una donna malvagia e cattiva».
«Malvagia e cattiva» sono anche gli aggettivi con cui descrive sua figlia la stessa madre di Rosa Bazzi. Lisa Bazzi vive a poche centinaia di metri da via Dia, ma non vede la figlia da anni. Oggi l'anziana donna si è chiusa in casa e non ha voluto vedere nessuno ma nei giorni scorsi si era lasciata spesso andare a commenti pieni di disperazione e dolore. «Quanti dolori mi ha dato quella figlia - si lamentava - quanti me ne sta dando, lo sapevo che sarebbe finita così». Ma forse neppure lei immaginava fino a quale punto e con quanta freddezza avrebbe continuato per quasi un mese a spolverare, pulire, tirare a lucido i vetri della sua casetta, passando fra le transenne che delimitavano la scena del delitto, dribblando giornalisti e telecamere. Spesso infastidita, ma alle volte pure disposta ad asciugarsi una lacrima rilasciando qualche intervista sulla triste fine di quell'angioletto biondo.