Islam/Discorso di Ratzinger a Ratisbona - Il re del Marocco, Mohamed VI, invia un messaggio formale di protesta e richiama il suo ambasciatore presso la Santa Sede
RABAT - La dura reazione del re del Marocco, Mohamed VI, al discorso tenuto cinque giorni fa dal Papa all'università tedesca di Ratisbona - il monarca ha inviato un messaggio formale di protesta e ha richiamato il suo ambasciatore presso la Santa Sede - stupisce in relazione con la tradizionale cordialità che ha segnato i rapporti fra il trono alauita, la Chiesa Cattolica e il Vaticano.
Il re - che è anche, in quanto discendente del Profeta Maometto, Comandante dei Credenti, e dunque massima autorità religiosa locale- non ha voluto rendere pubblico il messagio di protesta, ma nell'informare del richiamo dell'ambasciatore Ali Achour, il ministero degli Esteri precisa che è stato deciso in seguito alle «affermazioni offensive verso l'Islam e i musulmani» del pontefice.
Eppure Benedetto XVI aveva approfittato appunto della consegna delle credenziali di Achour, nello scorso febbraio, per lanciare un chiaro segnale di dialogo verso il mondo islamico, sostenendo che la «sola via che conduce alla pace è quella del rispetto delle convinzioni e delle pratiche religiose altrui».
La difesa da parte di Papa Ratzinger della sensibilità musulmana al momento della pubblicazione in Danimarca delle vignette satiriche su Maometto ("è necessario che le religioni e i loro simboli siano rispettati e non siano l'oggetto di provocazioni che feriscono i sentimenti religiosi") era stata a sua volta molto ben accolta in Marocco.
Tanto il Grande Consiglio degli Ulema come il Parlamento del paese maghrebino hanno infatto approvato dichiarazioni ufficiali nelle quali ringraziavano il Vaticano per le posizioni assunte in quell'occasione, sostenendo che «esprimono chiaramente che il diritto alla libertà di espressione non include il diritto a ferire i sentimenti religiosi dei credenti, qualsiasi sia la loro religione».
In Marocco la Chiesa cattolica opera praticamente senza restrizioni, e molti ricordano con affetto la visita del Papa Giovanni Paolo II a Casablanca nel 1985, come Mohammed Amine Smaili, teologo islamico e docente di dogma all'università di Rabat, che lo scorso 5 settembre sosteneva ad Assisi che Papa Wojtyla «è nel mio pensiero musulmano, la luce del dialogo interreligioso. E' lui che diceva: se parli con me, non mi spari più».
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