ROMA - Nonostante i problemi di tenuta politica nella maggioranza, il Governo cerca di stringere i tempi sul decreto di rifinanziamento, di parlare con una sola voce sull'Afganistan e, soprattutto, rafforza il pressing politico nei confronti della sinistra di maggioranza con le antenne puntate alle decisioni dell'Udc sempre più intenzionata a dare una mano all'Unione, almeno sull'Afghanistan.
E' stata una giornata di frenetici contatti e di tante telefonate: il ministro degli Esteri Massimo D'Alema da Berlino, dove ha incontrato il collega tedesco Frank-Walter Steinmeier, e il ministro della Difesa Arturo Parisi da Roma, hanno oggi precisato la posizione di palazzo Chigi sulla missione italiana che tra Kabul e Herat dispiega 1.400 militari, nel quadro della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf).
La missione italiana «non muta», ha scandito D'Alema, rilevando che i soldati italiani manterranno gli attuali compiti e regole di ingaggio e che un ritiro «non è nei programmi e neppure nelle possibilità».
Ci sarà una riduzione del numero dei militari italiani impegnati nella missione in Afghanistan, ha spiegato da parte sua Parisi, avvicinato a Roma dall'Ansa. «Ma questa riduzione è il risultato oggettivo della normale variabilità del personale ritenuto necessario per lo svolgimento delle attività previste nel semestre considerato e non di una scelta politica finalizzata ad un processo di riduzione intenzionale della nostra partecipazione alla missione», ha precisato. Ieri, al termine del vertice dell'Unione, il capogruppo di Rifondazione comunista Giovanni Russo Spena, aveva annunciato il raggiungimento di un accordo sulla riduzione del numero dei soldati, «intorno alle 300/400 unità».
Oggi, da Berlino, D'Alema, ha dichiarato che nella riunione di ieri «non si è entrati nel merito del numero dei soldati».
«La verità è che ieri ci siamo limitati ad illustrare il contenuto del provvedimento di rifinanziamento che il governo va predisponendo», ha chiarito Parisi."Per quel che riguarda la missione Isaf che opera in Afghanistan, il provvedimento è ispirato alla scelta del governo di onorare la continuità dell'impegno condiviso all'interno della Nato che guida la missione». «Continuità significa mantenimento nel secondo semestre di un impegno finanziario pari a quello del primo semestre», ha spiegato Parisi. E gli ha fatto eco D'Alema: «Il governo è orientato a confermare lo stanziamento finanziario previsto dal precedente semestre, con una piccola variazione e un aumento per la cooperazione civile».
Insomma, il quadro non cambia, nonostante l'annuncio del voto contrario di otto senatori della maggioranza in mancanza di segnali di «discontinuita». «L'accordo c'è», ha insistito D'Alema, secondo il quale, «nessuno si dispone a votare contro il provvedimento e a mettere in difficoltà il governo». Oggi, la coalizione governativa di Romano Prodi ha anche ottenuto l'appoggio dell'Udc.
Al vertice di ieri, gli alleati dell'Unione si sono parlati «con franchezza», ha riferito Parisi, «guidati dalla consapevolezza alla quale ci chiama la condivisione della responsabilità di governo e dal riconoscimento della differenza tra la situazione irachena e quella afghana».
Se la «delicatezza della situazione non consente di abbandonare il campo», il titolare della Difesa ha dato rassicurazioni sullo svolgimento di «un monitoraggio permanente» della situazione. Una richiesta pressante in questo senso era stata rivolta da Rifondazione comunisti e Verdi.
Continuità non significa però senza fine: «pur consapevoli che il conseguimento degli obiettivi dell'Isaf richiederà del tempo», la missione a Kabul e Herat non può comunque essere considerata «openended», cioè senza termine, ha rilevato Parisi. Chiarendo però che «le valutazioni che dovessero maturare assieme sarebbero naturalmente condivise con gli alleati ed affidate agli organi dell'alleanza con uno spirito di solidarietà che non ci consente scelte unilaterali ma ci impegna a decisioni collettive».
Marisa Ostolani
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