ROMA - L'attentato di Nassiriya dimostra che l'Italia, paese protagonista nel Mediterraneo e, quindi, nel Medio Oriente, è esposta nei fatti, al di là delle posizioni e delle strategie politiche, alle mire del terrorismo.
Sono la storia, gli interessi economici, gli impegni politici e militari internazionali, a mettere il nostro paese in prima linea in quella che molti in occidente considerano la prima vera guerra del terzo millennio, quella contro il terrorismo.
Basta mettere in fila i gravi fatti di sangue nei quali, nelle ultime ore, sono stati coinvolti interessi italiani, per rendersene conto.
Solo il caso ha voluto infatti che ci fossero appena tre feriti leggeri tra i tanti turisti italiani quando, 48 ore fa, tre ordigni piazzati da terroristi suicidi nel centro di Dahab una località balneare egiziana sul Mar Rosso, sono esplose facendo oltre 25 morti e numerosi feriti.
Poche ore dopo altre bombe terroriste colpivano il contingente multinazionale di pace che da anni opera nel Sinai MFO del quale l'Italia è parte da decenni. Anche qui solo il caso ha voluto che dei nostri militari non ne siano rimasti vittime.
Frutto non di un atto di terrorismo in quanto tale, ma certamente di una forte carica antitaliana, era stato l'attacco condotto qualche settimana fa a Bengasi da libici inferociti contro il consolato d'Italia. Dodici le vittime libiche della nervosa polizia locale, il console italiano salvo per miracolo e l' intero consolato saccheggiato e distrutto.
Se per quanto riguarda l'attentato odierno a Nassiriya c'è comunque la prospettiva del governo uscente della fine del nostro impegno militare in Iraq entro il prossimo dicembre, non altrettanto si può dire per la massiccia presenza italiana nella regione. Basti pensare che i turisti italiani sul Mar Rosso sono stati e saranno di nuovo quest'anno, secondo stime di fonte egiziana, qualcosa più di un milione, per rendersi conto della ineluttabile vulnerabilità dell'obiettivo Italia.
E se, come fanno oggi concordemente la maggioranza degli osservatori, si accendono i riflettori sugli sviluppi politici strategici nell'area le prospettive non appaiono incoraggianti.
Dal dialogo interrotto con i palestinesi dopo la vittoria elettorale di Hamas, alle pulsioni fondamentaliste emergenti in diversi paesi moderati come l'Egitto e addirittura il laicissimo Marocco, al durissimo confronto tra Occidente e Iran sul nucleare, ad emergere è una radicalizzazione del confronto tra nord e sud del Mediterraneo, tra Occidente e Islam radicale, confronto che rende quanto mai indispensabile ogni sforzo per tenere aperta la porta del dialogo.
Giulio Pecora
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